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IL PORTO VECCHIO DI TRIESTE

Il Porto vecchio di Trieste si estende su un’area di 67 ettari, con oltre un milione di metri cubi di hangar spesso di grande pregio ed è tra gli ambiti di archeologia industriale marittima più rilevanti del Mediterraneo. 

Data la sua posizione privilegiata vicino al centro storico e agli ottimi collegamenti stradali, l’area del Porto vecchio è ben collegata alla città Inoltre, tutta l’area è servita da un fascio di binari ferroviari direttamente collegati alla Stazione ferroviaria di Trieste Centrale Il Porto vecchio è protetto da una diga foranea disposta con orientamento parallelo all’allineamento delle banchine, ha una lunghezza di 1.100 m con fondali variabili che raggiungono una profondità massima di 18 m. Originariamente strutturata per consentire l’attracco delle navi sul lato rivolto verso la terraferma attualmente è sede di un prestigioso stabilimento balneare

I magazzini detti capannoni, posti all’interno del comprensorio, appartengono ad una classificazione disciplinata da regole costruttive specifiche dei lagerhauser dei porti del nord Europa che comprende locali destinati al deposito, alla conservazione e alla sosta delle merci dall’arrivo nel Porto fino alla spedizione e alla relativa distribuzione. I magazzini furono disposti su tre strade parallele tra loro: uno stradone centrale e due strade di cui una confinante con la via ferrata e sono classificate ad un solo piano fuori terra;a due o tre piani fuori terra con cantina e soffitta, con ballatoi tra gli avancorpi sostenuti da colonnine di ghisa e a quattro piani fuori terra con cantina, pianoterra e quattro piani superiori con ballatoi.

I magazzini erano muniti di gru, elevatori, montacarichi ed altri arredi per le operazioni di carico e scarico delle merci

STORIA

Agli inizi del XVIII secolo a Trieste l’imperatore Carlo VI d’Austria emanò la “Patente di Porto Franco” , Da allora e fino ad oggi il regime di porto franco è rimasto prerogativa e caratteristica peculiare del Porto di Trieste. 

Agli inizi del XIX secolo il Porto di Trieste divenne il primo porto dell’impero Austro-Ungarico, il 7° porto del mondo ed il 2° porto del Mediterraneo dopo Marsiglia, per movimentazione di merci. Ma la crescente concorrenza degli scali del nord Europa dotati di impianti ed ed efficienti infrastrutture spinse gli imprenditori e i gruppi finanziari triestini a chiedere la trasformazione dello scalo giuliano da emporio a punto di transito delle merci. Nel 1857 la costruzione della Ferrovia meridionale che collega Trieste a Vienna, e dei primi magazzini ferroviari costituiva il primo passo verso la modernizzazione della città e del suo  Porto

Nel 1863 venne bandito un concorso per la costruzione del nuovo Porto di Trieste e, due anni dopo,nel 1865 fu scelto il progetto dell’ingegner Talabot che prevedeva l’interramento del vecchio bacino a fianco della ferrovia e l’ampliamento degli impianti ferroviari. La collocazione del nuovo Porto è individuata, in prossimità del nuovo scalo ferroviario. Il progetto prevede la realizzazione di cinque moli, di cui quattro paralleli e uno obliquo, con la conseguente formazione di quattro bacini, a protezione dei quali è eretta una diga foranea lunga 1.100 metri con un canale di passaggio.Le difficoltà tecniche da superare sono rilevanti e la prima fase dei lavori del Porto viene completata nel 1883

Nel 1879, il Ministero del Commercio affida a un Ente portuale, denominato Pubblici Magazzini Generali, la gestione delle operazioni portuali svolte a terra e tra il 1883 e il 1893 vengono costruiti i magazzini 7, 10, 18, 19, 20 e 26 e gli hangar 6, 9, 17, 21, 22, 24 e 25. Con l’allestimento del Molo IV il nuovo complesso portuale può ritenersi completato. Nel 1891 venne abolito il privilegio del Porto franco e il comprensorio del nuovo Porto assume lo status di zona franca per le merci.

Agli inizi del Novecento si rese necessaria un’ulteriore espansione degli impianti del porto dovuta all’’intensificarsi dei traffici con il Medio ed Estremo Oriente, favorita dall’apertura nel 1869 del canale di Suez, Il progetto venne completato in gran parte solo negli anni ’20 e ’30 del XIX secolo dopo il ritorno di Trieste all’Italia: nacque così il Porto Nuovo e il Punto Franco Nuovo.

Nel corso degli ultimi anni l’Autorità Portuale ha intrapreso un’azione di recupero dei principali edifici storici all’interno del Porto Vecchio, tra questi il Magazzino 26, la Centrale idrodinamica, la Sottostazione elettrica 

CENTRALE IDRODINAMICA

Il Porto di Trieste fu uno dei primi porti al mondo a dotarsi di una Centrale Idrodinamica. Il complesso della Centrale Idrodinamica di Porto vecchio di Trieste è considerato un gioiello dell’archeologia industriale. Fu tra i primi ad essere realizzato tra il 1887 e il 1890 nel distretto portuale storico di Trieste, sul progetto dell’ingegnere triestino Luigi Buzzi.


Con una pianta a forma rettangolare di 90 x 25 metri entrò in funzione nel 1891 e diventò il centro energetico dell’intero porto vecchio. In un unico impianto erano concentrati tutti i motori a vapore in grado di movimentare le gru, i montacarichi delle banchine e dei magazzini del porto che operavano fino a sei chilometri di distanza. Anche il ponte levatoio, posto sulle rive triestine, che valicava il Canale del Ponterosso, era azionato dalla Centrale Idrodinamica.La facciata, in stile classicheggiante e abbellita da semplici decorazioni, dopo il restauro, è stata colorata in “giallo Austria”, quasi un omaggio alle origini asburgiche del Porto Vecchio.

L’impianto idrodinamico è ancora oggi ben conservato ed è composto: da quattro macchine, pompe, realizzate dalla “Breitfeld- Danek & Co” di Praga-Karolinenthal e una quinta per produzioni minori;

due serbatoi collocati sul grande soppalco; tre delle dieci grandi caldaie Lancashire tipo Cornovaglia, prodotte a Vienna e, infine, due accumulatori idraulici collocati nelle due torri gemelle, alte circa 20 metri, edificate ai due lati dell’ingresso principale.

Una terza torre, la torre piezometrica, collegata alla centrale era situata all’ingresso del porto a circa 1500 metri di distanza e consentiva la stabilizzazione della pressione dell’acqua.

Il polo idrodinamico è completato da un camino alto circa 40 metri e, all’epoca, anche da un deposito di carbone e un’officina di riparazione.

SOTTOSTAZIONE ELETTRICA

Nel corso del tempo, l’impianto idrodinamico risultò insufficiente per sostenere l’espansione necessaria e, nel 1913, su disegno dell’architetto Zaninovich, nell’area adiacente alla Centrale fu costruito un nuovo edificio che ospitava la Sottostazione elettrica di riconversione

La Sottostazione è costituita da due corpi di fabbrica principali a forma di “L”: il primo ospitava su due livelli, la sala interruttori e la sala delle sbarre collettrici a 27000 V; nel secondo corpo oltre l’ingresso principale c’era una sala a doppia altezza con i due diversi quadri in bassa e media tensione. Funzionante fino al 1989, dal 2011 l’edificio è stato restaurato ed è diventato un polo museale.

IL MAGAZZINO 26

Con 30.000 metri quadrati di superficie ed una lunghezza di 244 metri, il Magazzino 26 è il più grande di tutti gli edifici del Porto Vecchio. Completato nel 1890 dall’impresa Geiringer & Vallon si trova accanto alla preesistente Centrale idrodinamica.

L’edificio si sviluppa su un’area di circa 6.000 metri quadrati e si compone di un seminterrato e quattro piani fuori terra. La facciata presenta cinque avancorpi, intervallati da balconate su livelli sovrapposti e caratterizzati da colonne in ghisa provenienti dalle fabbriche Wagner di Vienna. Il magazzino era dotato di numerosi elevatori ed ascensori interni.Oggi ospita il Science Centre Immaginario Scientifico e l’ex Magazzino 18.

ex Magazzino 18

un vero e proprio magazzino, dove sono conservate masserizie, foto, attrezzi da lavoro e altri oggetti quotidiani degli esuli Istriani, Fiumani e Dalmati. Oltre 2000 metri cubi di memoria vivente del doloroso esodo del popolo giuliano, fiumano e dalmata.

Magazzino 18 Trieste Porto vecchio

Masserizie depositate a Trieste fra gli anni ’40 e ’50 del secolo scorso e mai ritirate dai legittimi proprietari. Uno specchio fedele della quotidianità di una società che si è fermata nel momento dell’esodo.

È questo il Magazzino 18, divenuto famoso grazie allo spettacolo di Simone Cristicchi.

IL FUTURO TURISTICO DEL PUNTO FRANCO VECCHIO
Porto e turismo rappresentano a Trieste un binomio inscindibile: da un lato la nautica da diporto, che vanta una lunga tradizione con la classica regata della Barcolana e l’ampia dotazione di strutture (più di 3.000 posti barca), dall’altro il settore crocieristico, che sta conoscendo una fase decisiva di sviluppo. In questo contesto si inserisce il piano di sviluppo del più antico dei punti franchi, il Punto Franco Vecchio, che ha ottenuto l’iscrizione nella lista UNESCO del Patrimonio dell’Umanità in quanto esempio unico di archeologia industriale. In questo luogo  coesistono un moderno terminal per merci varie (Adria Terminal), due bacini da sviluppare per la nautica da diporto, una centrale idrodinamica che per cento anni ha azionato gru e montacarichi del Porto Vecchio, nonché numerosi magazzini storici. Un piano di sviluppo dove la vocazione direzionale, museale, turistico-ricreativa e ricettiva di quest’area sono il fulcro della sfida del futuro della città di Trieste, da sempre una città cosmopolita e luogo d’incontro privilegiato tra Oriente e Occidente

LA CASA DELLE BISSE -TRIESTE

Dietro piazza Sant’Antonio, in Via San Lazzaro 15 c’è Casa Allodi, conosciuta col nome di “Casa delle bisse” (Casa delle bisce). Fu costruita su progetto dell‘architetto Bubolini nel 1771 in stile neoclassico con elementi di rococò francese e nel corso degli anni ha subito numerosi interventi che hanno trasformato l’aspetto originale ideato con solo due piani mentre oggi si presenta con un un piano aggiuntivo e con la mansarda. Trieste racconta che la scritta: “Aedes anno MDCCLXXI ob aque inopiam aceto absoluta” che compare all’interno della Casa è stata posta per ricordare che durante la costruzione, nel 1771,  in città mancava l’acqua e i pozzi erano secchi, e il costruttore per evitare di ritardare la consegna, acquistò una grande quantità di aceto per preparare le malte.
“Hoc me ornamento Galli affecerunt MDCCCIX” questa è la scritta che compare all’ingresso. Trieste racconta che la Casa fu colpita da una palla di cannone sparata dai francesi durante la battaglia con gli  austriaci che volevano cacciarli dal dal Castello di Trieste ed è conservata ancora infissa all’ingresso. Nel 1813, per ricordare l’evento, il proprietario della Casa dal 1793, il reverendo don Marco Sadnech, fece porre sul portale d’ingresso principale un gruppo scultoreo allegorico.

Il gruppo raffigura un serpente, allegoria di Napoleone I, attaccato da tre aquile, che rappresentano l’Austria, la Russia e la Prussia. Dall’architrave pende una sfera dorata, posta in memoria della palla di cannone .

Trieste Castello di MIramare

CASTELLO DI MIRAMARE -TRIESTE

Il Castello sorge sul promontorio di Miramare a picco sul mare vicino alla baia di Grignano a pochi chilometri dalla città. Massimiliano d’Asburgo-Lorena, Arciduca d’Austria e imperatore del Messico,nel 1855.
Si racconta che Massimiliano d’Asburgo-Lorena, Arciduca d’Austria e imperatore del Messico, nel 1855  in seguito ad una burrasca, si riparò nel porticciolo di Grignano e rimase affascinato dal promontorio di Miramar, in spagnolo “mirar el mar”. Nel ricordo dei castelli che si affacciavano sulle coste dell’oceano Atlantico, l’Arciduca fu ispirato dal luogo per la costruzione del Castello come sua dimora
Trieste Massimiliano e Carlotta
e della moglie Carlotta del Belgio e affidò il progetto all’ingegnere Carl Junker. I lavori cominciarono il 1° marzo 1856 e terminarono nel 1871 e il costo si aggirò intorno ai 600.000 fiorini. Il Castello di Miramare fu realizzato in pietra bianca d’Istria secondo uno stile eclettico che unisce il neogotico al revival medioevale.Il committente e l’architetto si erano ispirati alla corrente “romantisches Historismus”, sviluppata in quegli anni da Theophilus Hansen all’Arsenale di Vienna e alla villa Pereira, poco a nord della capitale imperiale.
Si articola in due corpi di fabbrica connessi tra di loro da un corpo centrale arretrato e una torre posizionata nella zona prospiciente al mare. Si sviluppa su due piani e un mezzanino e presenta lungo tutto il perimetro sommitale una merlatura espressamente voluta dall’Arciduca. Il castello si affaccia, da un lato, su un spiazzo decorato con aiuole e una fontana, mentre dall’ala occidentale, sul porticciolo e infine, dal lato opposto all’ingresso, è circondato da una terrazza a picco sul mare.
All’interno, il Castello fu suddiviso in numerose stanze. Il piano terra fu destinato alla residenza della coppia, mentre, quello superiore agli ospiti e alla rappresentanza. Franz e Julius Hofmann realizzarono la decorazione degli interni.I lavori del piano terra terminarono nel 1860 data in cui Massimiliano e Carlotta si trasferirono nel Castello, dopo il decadimento dalla carica di governatore del Lombardo-Veneto, mentre le stanze della rappresentanza terminarono intorno al 1870.Nel 1930, parte del piano della rappresentanza fu adibito a residenza del Duca Amedeo d’Aosta, che vi abitò per circa sette anni e modificò alcune stanze secondo lo stile dell’epoca nonchè sostituì insegne Imperial-Regie con croci sabaude.
Le stanze del Castello conservano anche una pregevole raccolta di vasi orientali e mantengono tutti gli arredi originali compresi di ornamenti, mobili e oggetti risalenti alla metà del XIX secolo.
L’arredamento del castello segue per lo più lo stile Biedermaier ma anche rinascimentale e secondo impero che implicavano un maggior uso dell’oro e decorazioni uguali nel soffitto e nel pavimento.
 La camera XIX è ornata da una serie di dipinti di Cesare Dell’Acqua raffiguranti la storia di Miramare realizzati con la collaborazione dello storico triestino Pietro Kandler. Il 14 aprile 1864 Massimiliano salpò insieme alla moglie alla volta del Messico, a bordo del Novara, la stessa nave che ne riporterà indietro la salma quattro anni più tardi.Prima di partire lascio le disposizioni testamentarie in cui il Castello veniva lasciato alla sua cara Carlotta:”Da ciò che ho di più caro, la mia Carlotta, prendo congedo con cuore pieno di riconoscenza. Sento il bisogno di confessare che ad essa debbo infinita felicità; poiché mai la più piccola lite ci ha divisi, poiché ella ha avuto sempre mitezza di cuore per i miei errori e in tutte le fasi della nostra vita movimentata ha avuto l’amore più vero e fedele che mi ha colmato di felicità…..“Nessuno sa meglio di lei, ciò che mi era caro in vita e lo onorerà; in particolare però io le raccomando il mio caro Miramare e Lacroma, dei quali ella è già proprietaria secondo l’atto di donazione datato Miramare 5 aprile 1864.”

In Messico fu incoronato Imperatore nel 1864 e fu fucilato a Querétaro nel giugno del 1866.

Il Castillo de Chapultepe fu la dimora di Massimiliano e Carlotta in Messico e ha molti tratti architettonici e naturali simili al Castello di Miramare.

Si racconta che il Carducci durante una delle sue gite a Trieste volle vedere il castello, d′onde l′infelice Massimiliano era partito per l′impero del Messico. Entrò nella stanza di studio dell′Arciduca, costruita in guisa che rassomigliasse la cabina della contrammiraglia Novara che lo trasportò al Messico, vide i ritratti di Dante e del Goethe presso il luogo ove Massimiliano sedeva a studiare; vide aperta sul tavolino un′antica edizione di romanze castigliane; vide incise nella sala maggiore più sentenze latine; queste fra le altre : Si fortuna iuvat caveto tolli – Si fortuna tonat caveto mergi – Saepe sub dulci melle venena latent – Non ad astra mollis e tenuis via – vivitur ingenio, caetera mortis erunt. Quale impressione facesse sul poeta quella visita lo dice l′ode, che subito dopo egli pensò, e della quale scrisse subito queste prime strofe.“O Miramare, a le tue bianche torri attediate per lo ciel piovorno fosche con volo di sinistri augelli vengon le nubi”…
Con la forma slanciata ed il bianco del marmo carsico stagliato verso il blu del mare il Castello è visibile da ogni parte della città ed è uno dei castelli più visitati dell’Italia.

PARCO DEL CASTELLO DI MIRAMARE -TRIESTE

Il Castello è circondato da un grande Parco di circa 22 ettari.
All’interno del Parco, Massimiliano fece costruire il piccolo  “Gartenhaus” chiamato anche Castelletto, in quanto richiama gli esterni del Castello di Miramare. Si affaccia sul porticciolo di Grignano e  fu abitato dai consorti finchè non furono terminati i loro appartamenti all’interno del Castello.

Dopo la morte di Massimiliano nel Castelletto sotto sorveglianza dei medici,si ritirò Carlotta presentando i primi segni di squilibrio mentale.

Carl Junker progettò oltre il Castello di Miramare anche il Parco e i lavori vennero affidati nel 1857 al giardiniere di corte Josef Laube successivamente sostituito dal boemo Anton Jelinek.L’Arciduca stesso definì quali piante dovessero essere interrare e fece provenire 820 specie di piante da vivai e ville del Veneto,

 successivamente numerose tipologie arboree arrivarono dalle serre imperiali di Vienna della famiglia Asburgo, mentre quelle più esotiche vennero importate in seguito alla circumnavigazione del globo con la fregata Novara.

Nel parco si alternano sculture della scuola berlinese Moritz Geiss, le serre, il lago dei Cigni, i cannoni donati da Leopoldo I re dei Belgi e la cappella di San Canciano.

Come una silente sentinella una sfinge di età tolemaica risalente al II secolo a. C. scolpita in granito rosa è collocata in cima al molo del porticciolo del Castello.E’ un prezioso reperto facente parte della collezione egizia riunita da Massimiliano grazie alla consulenza scientifica dell’egittologo Simon Reinisch, e oggi conservata a Vienna presso il Kunsthistorisches Museum.

MUSEO ARTE ORIENTALE -TRIESTE

All’inizio di Cavana, il museo d’Arte Orientale ha sede in uno storico edificio del XVIII secolo, il Palazzetto Leo, che risale al 1747 e costruito dall’architetto Giovanni Fusconi.
I Leo si erano stabiliti a Trieste nel 1155 e nel ‘600 divennero baroni del Sacro Romano Impero. Tra il 1772 e 1773 ospitò Giacomo Casanova. Morto Pietro Leo de Loewensberg nel 1814 la casata si estinse. Agli inizi del ‘900 il conte Laval Nugent, erede del barone de Zanchi già proprietario del secondo e terzo piano, acquistò tutto il palazzetto e nel 1954 fu donato al Comune di Trieste.
Il Museo d’arte orientale è stato inaugurato l’8 marzo del 2001 e ospita le collezioni d’arte orientale, ricordi di viaggio, armi, strumenti musicali e reperti di vario tipo provenienti da tutta l’area asiatica, in particolare il racconto dei rapporti tra Trieste e Oriente attraverso il Canale di Suez avviati nel ’700,l’interessante nucleo di sculture del Gandhara,tessuti in seta cinese ricamata,
porcellane dal periodo Song,

sculture e oggetti legati a Confucianesimo, Taoismo e Buddismo,
porcellane giapponesi, collezione di stampe dell’Ukiyo-eopere di grandi maestri dell’arte giapponese tra cui Hiroshige e Hokusai con la celeberrima Onda.

MUSEO MORPURGO -TRIESTE

E’ l’appartamento di una ricca famiglia della borghesia imprenditoriale triestina dell’800 che con gusto raffinato collezionava opere d’arte e preziosi suppellettili.
La casa rappresenta un meraviglioso esempio dello stile e dello sfarzo principesco che caratterizzava le famiglie dell’alta borghesia triestina.
Nel 1870 le sorelle Emma e Fanny Mondolfo, coniugate con i fratelli Morpurgo acquistarono lo stabile intavolato con il numero 839, ora via Imbriani 5,e quello adiacente numero 840,ora via Mazzini 42. Demoliti questi antichi edifici, nel 1875 l’architetto Giovanni Berlam progettò un palazzo di eleganti e sobrie forme neorinascimentali. Giacomo e Fanny Morpurgo con i figli Mario e Matilde,
nel 1878, andarono ad occupare l’appartamento situato sull’intero secondo piano, mentre Carlo Marco ed Emma Morpurgo scelsero quello corrispondente al primo piano
Alla morte di Emma la casa passò interamente alla sorella, la quale nel 1938 fece atto di donazione in favore dei figli. Ambedue alla loro morte lasciarono le rispettive proprietà al Comune di Trieste. Mario Morpurgo nel suo testamento, stilato nel 1941, destinò quale erede di tutta la sua sostanza il Comune di Trieste, oltre alle collezioni d’arte, tutto il mobilio e l’arredamento e tutte le sue rendite patrimoniali furono destinate a creare un fondo intangibile con il nome Mario Morpurgo de Nilma.La fondazione tuttora esistente ha lo scopo di soccorrere persone indigenti, con preferenza per quelle decadute, nate e residenti a Trieste.
L’appartamento del secondo piano con quasi intatto il suo mobilio divenne Civico Museo Morpurgo e quello al primo fu nel 1950 adibito a Museo del Risorgimento e a quello di Storia Patria. Una preziosa raccolta di maioliche settecentesche,
vasi di Savona, maioliche di Faenza e di Castelli l’Abruzzo,vasellame giapponese, vetri boemi e completi servizi da tavola in porcellana francese Pillivuit con monogramma,le xilografie e le incisioni di grandi artisti come Jacques Callot, Gérard Edelink, Pierre Drevet, Giandomenico Tiepolo, Francesco Bartolozzi, Jean Balvay, Max Klinger e Félix Vallotton e la galleria di sessanta quadri,disegni e dipinti
tra questi quelli più antichi eseguiti da artisti della cerchia di Luca Giordano,rendono la visita un’esperienza unica di vita vissuta di una famiglia borghese dell’800

PALAZZO TERGESTEO -TRIESTE

Il Palazzo Tergesteo è a pochi passi da Piazza Borsa e Piazza Unità.Il Palazzo Tergesteo fu edificato sul sito della Dogana Vecchia su iniziativa di un gruppo di azionisti, la “Società del Tergesteo”.
Fu costruito in soli due anni su progetto dell’architetto Francesco Bruyne e inaugurato la sera del 24 agosto del 1842. Costò circa due milioni di lire austriache e fu uno degli ultimi palazzi di Trieste realizzato in stile neoclassico. La costruzione si sviluppa su quattro piani fuori terra oltre al piano terra e all’ammezzato ed è costituita da quattro corpi di fabbrica separati da una galleria, posta al piano terra,
la forma di croce greca e ispirata alla Galleria de Cristoforis di Milano, coperta da spioventi con l’intelaiatura metallica.
Gli accessi al fabbricato sono ubicati sui quattro lati dell’edificio: quattro sono gli ingressi alla galleria, due posti specularmente uno principale su Piazza della Borsa, ed uno su piazza Verdi, e altri due su via del Teatro e via Einaudi.

I due gruppi scultorei marmorei che sovrastano le facciate principali furono aggiunti successivamente. Quello sulla facciata verso piazza della Borsa, opera di Pietro Zandomeneghi, raffigura la dea del mare Tetide, in piedi su di una conchiglia trainata da quattro cavalli e con in braccio un bimbetto e a destra Mercurio,dio del commercio. La scultura rappresenta la città di Trieste trainata dalle fortune che provengono dal mare, ma anche dal commercio e dalla nascente industria.
Il secondo gruppo scultoreo sulla facciata posteriore verso il Teatro Verdi, opera di Antonio Bianchi, rappresenta Nettuno e Mercurio con le allegorie della geografia e della storia.
Il palazzo fu sede della Borsa triestina dal 1844 al 1928 e del Lloyd Austriaco dal 1857 al 1883 e divenne il luogo più rappresentativo di commercio e di ritrovo della Trieste ottocentesca.
Molti personaggi famosi frequentarono il Tergesteo tra i quali lo scrittore triestino Italo Svevo, che utilizzò la galleria come sfondo per il suo romanzo, “la Coscienza di Zeno”.
Durante la seconda guerra mondiale e gli anni dell’occupazione il Palazzo subì numerosi danni e nel 1957 l’architetto Alessandro Psacaropulo intervenne sulla galleria, sostituendo la copertura originaria a spioventi con una struttura in vetro-cemento. Nel 2009 un’attenta opera di restauro ha riportato il Palazzo Tergesteo agli splendori dell’epoca Asburgica e il cuore dell’intervento è stata la ricomposizione della Galleria nella sua versione ottocentesca originale.
All’interno della Galleria un orologio a parete originale, non funzionante, segna l’ora e il giorno in cui fu firmato l’atto costitutivo della Società per Azioni Tergesteo e dal 1863.
Verso Piazza Verdi c’era il Caffè Tergesteo uno dei caffè storici di Trieste, caratterizzato dalle vetrate colorate che raffiguravano episodi della storia triestina, luogo di ritrovo dell’elite culturale dell’epoca e molto frequentato anche dal poeta triestino Umberto Saba.
“Caffè Tergesteo… tu concili l’italo e lo slavo, a tarda notte, lungo il tuo bigliardo“.

MUSEO REVOLTELLA -TRIESTE

 Il Museo Revoltella è situato in un palazzo neorinascimentale del 1858 e si affaccia su Piazza Venezia. Comprende l’appartamento privato del Barone Revoltella, proprietario del Palazzo omonimo, e il Palazzo Brunner che ospita al terzo piano la Galleria d’Arte Moderna.
Pasquale Revoltella nacque a Venezia nel 1795 e si trasferì, da bambino, con la sua famiglia a Trieste. Diventò un personaggio importante nella vita politica e soprattutto economica della città e contribuì all’apertura del Canale di Suez.Morì nel 1869 celibe e donò con il suo testamento il Palazzo Revoltella con il il Museo e lo Chalet con il Parco Revoltella, località Ferdinandeo, alla città di Trieste.
Morì nel 1869 celibe e donò il Palazzo Revoltella con il Museo e lo Chalet con il Parco Revoltella, località Ferdinandeo, alla città di Trieste.
Ogni camera del suo appartamento privato, interno al Palazzo Revoltella, era curata nei minimi particolari decorativi e ornamentali. 
Appassionato d’arte e del gusto del bello, il barone arricchiva ogni stanza del palazzo di opere d’arte.
La Sala da pranzo, il Salotto verde, il Salotto azzurro, il Salotto giallo, la Sala da ballo, la Saletta a cupola e tante altre sale avevano ognuna funzioni distinte di rappresentanza e di arte.
L’opera scultorea “la Fontana della Ninfa Aurisina” (1858) di Pietro Magni accoglie i visitatori del Palazzo Revoltella e rappresenta la costruzione del secondo acquedotto di Trieste, un vero gioiello tecnologico.
 Al primo piano “Il taglio dell’istmo di Suez” (1863) di Pietro Magni, rappresenta l’Europa che tiene uniti, stringendone le mani, il Mare Mediterraneo e il Mar Rosso.
Oltre alle opere del barone, il Comune acquisì numerose altre opere, pagate con le donazioni che lo stesso Revoltella aveva fatto alla città. Le opere esposte oggi sono circa 350 tra dipinti e sculture.
Il Palazzo Brunner ospita le opere di autori italiani della seconda metà dell’Ottocento (terzo piano), le opere acquisite nei primi decenni del Novecento (quarto piano), le opere di artisti del Friuli-Venezia-Giulia (quinto piano) e nazionali (sesto) della seconda metà del Novecento.
Le opere esposte sono, tra gli altri, di artisti come Giovanni Fattori,Domenico Induno, Giuseppe de Nittis, Ignacio Zuloaga, Mario Sironi, Carlo Carrà, Giorgio De Chirico, Lucio Fontana, Manlio Rho, Mario De Luigi, Arnaldo Pomodoro, Giacomo Manzù, Francesco Hayez, Alice Pscaropulo.

MUSEO SARTORIO – DIMORA STORICA -TRIESTE

Villa Sartorio, una elegante villa borghese collocata a breve distanza dal mare e circondata da un grande giardino viene edificata nel ’700 e modificata e ampliata in epoca neoclassica.il proprietario Pietro Sartorio, giunto a Trieste dalla natia Sanremo nel 1775, in qualità di mercante di granaglie, entra a far parte del patriziato triestino, avviando una fiorente attività commerciale, poi rilevata con successo dai figli Giovanni Guglielmo e Pietro.
Quest’ultimo sposa la ricca e colta Giuseppina Fontana e diventa assieme a lei il proprietario di questa villa, che arreda con mobili e quadri di pregio, tuttora esposti. Trasmette ai suoi figli il gusto per l’arte, in particolare a Giuseppe che diviene un attento e competente collezionista, cui si deve innanzitutto la rara collezione di 254 disegni di Giambattista Tiepolo, una delle più importanti al mondo.

La biblioteca, suddivisa in tre ambienti, espone le librerie ottocentesche che conservano i circa seimila volumi di letteratura del Sette-Ottocento americana e letteratura classica, tra essi una rara sezione di opere massoniche settecentesche. Al centro della seconda biblioteca si possono ammirare i due globi terrestre e celeste di Wilhelm Janszoon Blaeu, datati intorno al 1600,cosmografo ufficiale degli Stati Generali d’Olanda. La sala espositiva conserva integro il pavimento a terrazzo veneziano, una coppia di piccole librerie e un pregevole cassettone del Settecento intarsiato.

Le stanze sono ricche di quadri, dipinti e disegni che hanno per soggetto vedute di città italiane ed europee, mercati e architetture della Venezia dell’Ottocento.Presso l’antica scuderia di Villa Sartorio c’è la gipsoteca-gliptoteca dei Civici Musei di Storia ed Arte, allestita in uno spazio apposito di 130 metri quadrati. Una ricca collezione scultorea: più di 500 pezzi, giunti dalla fine dell’Ottocento fino ad oggi e gli esemplari più antichi della collezione sono quattro calchi di opere di Antonio Canova, realizzati dall’artista stesso.

Nel sotterraneo si può visitare una bella sezione dedicata alla ceramica, circa duecentocinquanta pezzi, che copre un arco di tempo molto ampio, dal Medioevo all’Ottocento. Il vasellame esposto proviene dalle più importanti manifatture italiane e si conclude con esempi di produzione inglese e  settanta notevoli esemplari della ceramica triestina degli ultimi tre decenni del Settecento.

Villa Sartorio diviene “casa museo” nel 1947 grazie al lascito testamentario di Anna Segrè Sartorio. Al suo interno negli arredi, nelle opere d’arte e negli oggetti di uso quotidiano convivono gli stili:Impero come il Salone centrale dedicato ai ricevimenti e ai balli e adornato da consolles e specchi o la Sala di musica con il pianoforte e una serie di mobili Impero tra cui un’elegante dormeuse o la Stanza da letto del Duca (nel 1919 ospitò Emanuele Filiberto Duca D’Aosta) con una galleria di pregevoli dipinti del Sei-Settecento di soggetto sacro; Neorococò il Salotto rosa arredato con mobilio  intarsiato con motivi floreali;

Biedermeier, come la Sala da pranzo con la tavola apparecchiata e, sulla credenza-piattiera, il pregiato servizio in porcellana Meissen, dono del re di Sassonia Federico Augusto II; Neogotico come la Sala gotica con  con la sua decorazione uniforme dal pavimento al soffitto al mobilio e rispecchia l’adesione alla moda del recupero degli stili storici diffusasi verso la metà del secolo XIX.

In una sala particolare è conservato il prezioso Trittico di Santa Chiara, eccezionale testimonianza della pittura veneziana della prima metà del Trecento, un’opera d’arte eseguita a tempera su tavola. Riquadri raffigurano su fondo oro episodi della vita di Cristo, la morte di Santa Chiara e le stimmate di San Francesco. A trittico chiuso sono raffigurati sull’ala sinistra San Cristoforo, su quella destra San Sergio, con l’alabarda di Trieste in mano.

Il parco venne realizzato nel 1807 da Pietro Sartorio che fece assumere all’ area l’ aspetto del giardino veneto con un portale, una scala monumentale, alcune statue e una gloriette che veniva usata come padiglione per la musica. Le statue che ornano oggi il giardino rappresentano uno dei pochissimi esempi di scultura da esterno del primo Settecento presenti a Trieste.

CASTELLO VECCHIO DI DUINO – TRIESTE

I ruderi del Castello Vecchio che si ergono sugli scogli a livello del mare e le prime citazioni storiche del vecchio maniero sono di Plinio il Vecchio che menziona la costruzione originaria, nominata Castellum Pucinum, eretta sull’aspro promontorio tra Monfalcone e Trieste, dove precedentemente – secondo la tradizione – si trovava un luogo di culto druidico dedicato al Dio Sole. Il primo nucleo fortificato che diede forma e vita al borgo, sorse nel XI sec.

Testimonianza ne dà il più antico documento scritto che tratta della rocca di Duino datato 1139, periodo in cui iniziò il dominio dei Tybein de Dewino (o Tybeiner) vassalli dei patriarchi di Aquileia. Anche la località, allora, era chiamata Tybein. Il feudo era reso immune agli attacchi dall’alta cinta merlata e dalla vista che permetteva un controllo sull’arrivo di navi nemiche.

Alla rocca si poteva accedere per un unico sentiero impervio e fortificato lungo il muro di cinta. La torre era costituita da differenti piani. Dai resti ritrovati, come un leggio incastonato nella parete vicino ad una finestra ogivale e dagli affreschi rimasti nel piano inferiore, si è supposto che questo ultimo fosse adibito a cappella, mentre quelli superiori servirono a lungo come prigione. Un ponte levatoio si trovava dove oggi è posto l’ingresso alla rocca.

Al Castello vecchio di Duino è legata la leggenda della “dama bianca” ispirata ad una roccia bianca che, vista dal mare, sembra una figura femminile avvolta da un velo.Si racconta che un tempo il castello era abitato da un cavaliere malvagio che infastidito dall’animo generoso e buono della sua sposa di nome Esterina da Portole escogitò un piano per ucciderla. Una notte l’attirò su un setiero stretto intorno alle mura del castello e la gettò in mare.La donna sconvolta e atterrita lanciò un urlo soffocato e rimase pietrificata. Si racconta che da quel giorno durante la notte la dama si stacca dalla roccia e girovaga nel castello,attraversando tutte le sale fino alla stanza dove dormiva il suo bambino e lì rimane fino all’alba per poi tornare alla roccia dove il suo dolore la trasforma di nuovo in pietra.

Un’altra leggenda racconta che nei sotterranei del Castello Vecchio era stata imprigionata Antonia una dolce fanciulla che si era innamorata di un uomo che sembrava un benefattore ma che in realtà era uno spietato e crudele assassino, Giovanni Sbogar. Purtoppo quando lei lo scoprì era stata derubata e aggredita dai suoi scagnozzi, impazzì dal dolore e si rinchiuse in un convento.

Triesteracconta che al Castelvecchio di Duino abbia soggiornato Dante Alighieri durante il periodo dell’esilio e che alcuni versi della Divina Commedia siano stati scritti dal poeta proprio osservando il panorama di Duino da uno scoglio che è situato tra il castello vecchio e quello nuovo e per questo motivo è detto: lo scoglio di Dante. La principessa Teresa Thurn-Hohenlohe dedicò un poemetto a questa leggenda:“Ma qual fu quell’ora armonica che all’Altissimo Poeta echeggiò per l’ onda cheta Allorché peregrinando Dalla cieca patria in bando, su quel scoglio si fermò E di là con mente fervida, guardò a Pola ed al Quarnaro Forse fu quel tocco flebile, ch’ esortando alla preghiera pei fratelli in altra sfera, Il suo spirito credente avviò pel regno ardente, pel purgante insino al ciel”