La Risiera di San Sabba è l’unico esempio di lager nazista in Italia. E’ monumento nazionale con decreto presidenziale del 15 aprile 1965. Gli occupatori nazisti, dal settembre 1943 all’aprile 1945,utilizzarono il grande complesso di edifici dello stabilimento per la pilatura del riso costruito nel 1898 nel periferico rione di San Sabba, dapprima come campo di prigionia provvisorio e poi come Polizeihaftlager
(Campo di detenzione di polizia), destinato allo smistamento dei deportati in Germania e in Polonia e alla detenzione ed eliminazione di partigiani, detenuti politici ed ebrei.
Il 4 aprile 1944 l’impianto del preesistente essicatoio venne trasformato in un forno crematorio in grado di incenerire un numero maggiore di cadaveri, progettato da Erwin Lambert, esperto costruttore di forni crematori in alcuni campi di sterminio nazisti in Polonia.Un canale sotterraneo, il cui percorso è segnato da una piastra d’acciaio, univa il forno alla ciminiera.
Oggi sorge una simbolica Pietà costituita da tre profilati metallici a segno della spirale di fumo che usciva dal camino. “Pietà” al posto del camino, che rappresenta per Boico (architetto e ristrutturato della risiera nel 1975) una “pietà per tutti: morti, vivi, e per gli stessi nazisti, vittime e insieme macchine terrificanti del vorticoso impazzimento nazista…” Boico sceglie il linguaggio dell’essenzialità strutturale, della perfezione del calcolo che genera la spirale e la forma stessa dei profilati metallici, per ottenere così un simbolo astratto privo di connotazioni religiose tradizionali e di un messaggio di sospensione del giudizio. Vorrebbe trasmettere il senso di una pietà “che non sia disperata, bensì distaccata, attonita, quasi indifferente”, senza giudizio.
Al piano terra dell’edificio , nel cortile interno, i nazisti fecero costruire la “cella” della morte, qui venivano stipati i prigionieri destinati ad essere uccisi e cremati nel giro di poche ore.
Proseguendo si trovano 17 piccolissime celle. In oguna venivano rinchiusi sino a 6 prigionieri; lo spazio era molto ristretto già per due persone. Nelle prime due celle venivano torturati i prigionieri e spogliati di ogni loro avere.
In tali angusti locali, partigiani, politici, ebrei, aspettavano per giorni, talvolta per settimane, il compiersi del loro drammatico destino.
Le pareti di queste celle erano ricoperte di graffiti e messaggi, conservati come testimonianza del passaggio e della sofferenza dei detenuti nei diari dello studioso e collezionista Diego de Henriquez, che ne fece un’accurata trascrizione.
Pino Robusti era uno studente, si considerò prigioniero politico – come scrive nella lettera di Pasqua ai genitori – solo dopo il suo internamento nella Risiera di San Sabba. Fu ucciso dai tedeschi a 23 anni, il suo corpo bruciato nel forno della Risiera. Trieste 15 aprile 1945 “Laura mia,mi decido di scrivere queste pagine in previsione di un epilogo fatale e impreveduto. Da due giorni partono a decine uomini e donne per ignota destinazione. Può anche essere la mia ora. In tale eventualità io trovo il dovere di lasciarti come mio unico ricordo queste righe…..”
Nelle bacheche incorporate nelle mura della sala delle croci sono esposti
alcuni oggetti personali razziati agli ebrei triestini.
La Risiera dopo essere stata semidistrutta dai nazisti in fuga che fecero saltare il forno crematorio nella notte tra il 28 e il 29 aprile 1945, fu occupata, nel dopoguerra, dalle truppe alleate, prima adibita a campo profughi, e infine lasciata in stato d’abbandono.
Nel 1975 è stata ristrutturata dall’architetto Romano Boico e inauguratao il Museo.
Nella Sala delle Commemorazioni svetta il monumento dedicato ai martiri di Auschwitz dello scultore triestino Marcello Mascherini.
Ogni anno, il 27 gennaio alla Risiera di San Sabba il Comune di Trieste organizza una Cerimonia di Commemorazione per non “dimenticare”.