risiera di san sabba trieste

RISIERA DI SAN SABBA – TRIESTE

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La Risiera di San Sabba è l’unico esempio di lager nazista in Italia. E’ monumento nazionale con decreto presidenziale del 15 aprile 1965. Gli occupatori nazisti, dal settembre 1943 all’aprile 1945,utilizzarono il grande complesso di edifici dello stabilimento per la pilatura del riso costruito nel 1898 nel periferico rione di San Sabba, dapprima come campo di prigionia provvisorio e poi come Polizeihaftlager

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(Campo di detenzione di polizia), destinato allo smistamento dei deportati in Germania e in Polonia e alla detenzione ed eliminazione di partigiani, detenuti politici ed ebrei.

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Il 4 aprile 1944 l’impianto del preesistente essicatoio venne trasformato  in un forno crematorio in grado di incenerire un numero maggiore di cadaveri, progettato da  Erwin Lambert, esperto costruttore di  forni crematori in alcuni campi di sterminio nazisti in Polonia.Un canale sotterraneo, il cui percorso è segnato da una piastra d’acciaio, univa il forno alla ciminiera.

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Oggi sorge una simbolica Pietà costituita da tre profilati metallici a segno della spirale di fumo che usciva dal camino. “Pietà” al posto del camino, che rappresenta per Boico (architetto e ristrutturato della risiera nel 1975) una “pietà per tutti: morti, vivi, e per gli stessi nazisti, vittime e insieme macchine terrificanti del vorticoso impazzimento nazista…” Boico sceglie il linguaggio dell’essenzialità strutturale, della perfezione del calcolo che genera la spirale e la forma stessa dei profilati metallici, per ottenere così un simbolo astratto privo di connotazioni religiose tradizionali e  di un messaggio di sospensione del giudizio. Vorrebbe trasmettere il senso di una pietà “che non sia disperata, bensì distaccata, attonita, quasi indifferente”, senza giudizio.

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Al piano terra  dell’edificio , nel cortile interno, i nazisti fecero costruire la “cella” della morte, qui venivano stipati i prigionieri destinati ad essere uccisi e cremati nel giro di poche ore.

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Proseguendo si trovano 17 piccolissime celle. In oguna venivano rinchiusi sino a 6 prigionieri; lo spazio era molto ristretto già per due persone. Nelle prime due celle venivano torturati i prigionieri e spogliati di ogni loro avere.

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In tali angusti locali, partigiani, politici, ebrei, aspettavano per giorni, talvolta per settimane, il compiersi del loro drammatico destino.

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Le pareti di queste celle erano ricoperte di graffiti e messaggi, conservati come testimonianza del passaggio e della sofferenza dei detenuti  nei diari dello studioso e collezionista Diego de Henriquez, che ne fece un’accurata trascrizione.

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Pino Robusti era uno studente, si considerò prigioniero politico – come scrive nella lettera di Pasqua ai genitori – solo dopo il suo internamento nella Risiera di San Sabba. Fu ucciso dai tedeschi a 23 anni, il suo corpo bruciato nel forno della Risiera. Trieste 15 aprile 1945 “Laura mia,mi decido di scrivere queste pagine in previsione di un epilogo fatale e impreveduto. Da due giorni partono a decine uomini e donne per ignota destinazione. Può anche essere la mia ora. In tale eventualità io trovo il dovere di lasciarti come mio unico ricordo queste righe…..”

Nelle bacheche incorporate nelle mura della sala delle croci sono esposti

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alcuni oggetti personali razziati agli ebrei triestini.

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La Risiera dopo essere stata semidistrutta dai nazisti in fuga che fecero saltare il forno crematorio nella notte tra il 28 e il 29 aprile 1945, fu occupata, nel dopoguerra, dalle truppe alleate, prima adibita a campo profughi, e infine lasciata in stato d’abbandono.

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Nel 1975  è stata ristrutturata dall’architetto Romano Boico e inauguratao il Museo.

Nella Sala delle Commemorazioni  svetta il monumento dedicato ai martiri di Auschwitz dello scultore triestino Marcello Mascherini.

Ogni anno, il 27 gennaio alla Risiera di San Sabba il Comune di Trieste organizza una Cerimonia di Commemorazione per non “dimenticare”.

SALONE DEGLI INCANTI TRIESTE

L’architetto Giorgio Polli edificò nel 1913 l’ex-Pescheria Centrale, in Riva Nazario Sauro difronte Piazza Venezia. Per la struttura che ricorda una chiesa è’ chiamata dai triestini   “Santa Maria del Guato”, tipico pesce locale.

La costruzione dei muri in mattoni  intervallati da ampi finestroni si integra con lo stile neoclassico dei palazzi che si affacciano sulle Rive.

Il serbatoio dell’ acqua marina  era contenuto dalla torre a campanile. Sculture a bassorilievo di prore di bragozzi da pesca e crostacei adornano la facciata e ricordano la funzione dell’edificio.

All’interno l’ampio salone in stile liberty, circondato da grandi muri perimetrali che, con enormi finestroni di ferro, si aprono ad intervallo sul mare e le rive , ospitava un chiassoso mercato.

Le aste del pesce si tenevano sul pronao, mentre all’interno si svolgeva il mercato al dettaglio, dove il pesce veniva esposto su grandi banconi di marmo carsico.

Il pescato era portato soprattutto dalle prore dei bragozzi gradesi e chioggiotti attraccati al molo adiacente. La facciata rivestita in mattoni con risalti in pietra bianca e adornata con sculture in bassorilievo di carattere  marinaro conferisce alla struttura una “velatura” dello stile veneziano che ben coniuga la collocazione dell’edificio tra i moli della darsena e al fronte  dei palazzetti neoclassici delle Rive.

Attualmente l’edificio ospita il Salone degli Incanti, un centro espositivo polivalente che accoglie manifestazioni, mostre ed eventi culturali. Il nome deriva dalla vendita all’incanto del pescato che si svolgeva sul pronao della ex Pescheria.

Nel 1974 Francis Ford Coppola scelse l’ex-pescheria di Trieste per girare la scena dell’arrivo di Vito Andolini di Corleone, nel film “Il Padrino”, all’Ellis Island di New York.

TRAM DI OPICINA TRIESTE

La Trenovia venne progettata alla fine del XIX secolo per collegare rapidamente il centro abitato di Opicina alla città di Trieste.La concessione per la costruzione della trenovia fu emanata il 28 ottobre 1901, e la linea, progettata dall’ingegner Geiringer e gestita dalla Società Anonima delle Piccole Ferrovie di Trieste (SPF), fu inaugurata il 9 settembre dell’anno successivo.
La motrice tranviaria già contraddistinta con il N° 411 è il più vecchio tram marciante ancora esistente oggi in Europa. Il 9 settembre 1902 la SOCIETA’ ANONIMA delle PICCOLE FERROVIE attivò il servizio della linea in questione e questo veicolo venne contrassegnato con il N° 1 nell’ambito di un parco rotabile iniziale di 6 unità.
Il percorso è lungo poco più di 5 km e va dal centro di Trieste, Piazza Oberdan,a livello del mare, fino una tratta interurbana di collegamento con la frazione di Villa Opicina sull’altopiano del Carso, a 329 m s.l.m.
Nel 1906, in occasione dell’apertura della ferrovia Transalpina, secondo collegamento ferroviario tra Trieste e Opicina, la tranvia fu prolungata dal capolinea carsico alla nuova stazione di Opicina.
Il nuovo tratto misurava 1,13 km e seguiva la via Nazionale per poi raggiungere, attraverso via di Prosecco, la stazione stessa.
Il tram percorre un tracciato molto panoramico di cui il punto saliente e più elevato è l’Obelisco, posto a 343 metri di altezza s.l.m. Lo stesso, intitolato a Francesco I d’Austria, è il punto panoramico per eccellenza lungo il tragitto della Tranvia di Opicina.
Da qui parte la suggestiva passeggiata panoramica sulla strada Napoleonica.
TEMPORANEAMENTE SOSPESO

CATTEDRALE DI SAN GIUSTO TRIESTE

 Il Castello di San Giusto e la Cattedrale di San Giusto dominano il colle di San Giusto.

Si racconta che…Giusto, un cristiano della Venezia Giulia , uomo di grande penitenza e di larga generosità, cristiano fin dall’infanzia,raggiunto nell’anno 303 dall’ordine imperiale che imponeva a tutti i cristiani di testimoniare la propria fedeltà al sovrano (Diocleziano) sacrificando agli dèi di Roma.Giusto si dichiarò suddito fedele dell’imperatore., ma non potè sacrificare alle divinità romane, perché il suo Dio era Gesù Cristo. La condanna fu  inevitabile: la morte. Giusto fu buttato in mare davanti a Trieste, legato a pesi che lo trascinarono subito in fondo. Ma poi i legami si sciolsero e il corpo del martire riemerse, finendo sulla spiaggia. Accorsero un sacerdote e un gruppo di cristiani, che resero le estreme cure alla salma e poi le dettero sepoltura vicino al luogo del ritrovamento. Nel quinto secolo, su un’altura si costruisce una basilica cristiana, dove c’era stato un tempio dedicato alle antiche divinità. E lì venne poi trasferito il corpo del martire, che darà il suo nome all’altura: Colle di San Giusto. Nella Cattedrale viene esposta la statua il San Giusto del Mare nei primi giorni di novembre, una statua di bronzo realizzata dallo scultore triestino Tristano Alberti e “calata” in mare nel 1984. Nel 2010 è stata ripulita e restaurata e viene esposta ogni anno in occasione dei festeggiamenti del Santo Patrono di Trieste, il 3 novembre.

Le prime notizie sulla cattedrale di San Giusto risalgono agli anni 1302 e 1320, quando il vescovo Roberto Pedrazzani da Robecco fece inglobare le chiese di Santa Maria e quella dedicata al martire san Giusto, edificate su un tempio romano dedicato a Giunone, in un’unica struttura. Il 17 febbraio 1337 per volere del notaio Randolfo Baiardo – come risulta dall’iscrizione in caratteri gotici posta sopra l’arco del portale- cominciarono i lavori per la costruzione del campanile che sorse sull’antica torre romanica, conservata all’interno, edificata intorno al campanile dell’ex chiesa di Santa Maria. Durante i lavori le lastre decorate a bassorilievo con i simboli delle vittorie militari romane I bassorilievi che ornano due lati del campanile, rappresentano trofei di guerra presi dai Romani ai Celti, barbari vinti in battaglia, vennero utilizzate per decorare una parte di muratura del nuovo campanile e in cima alla torre furono messi i simboli della città il “melone” con l’alabarda, sostituiti da un tetto di tegole a piramide dopo i danni provocati da un fulmine abbattutosi nel 1421 che ridusse il campanile all’altezza attuale. Anche le campane furono più volte lesionate dai fulmini e rifuse, fino al 1953 quando furono inaugurate tre nuove campane di rame e stagno e decorate da Carlo Sbisà, famoso artista triestino. Si racconta che nel 1508 i veneziani durante la conquista di Trieste rubarono la campana più grande chiamata “el Campanon” e quando la campana fu caricata su un bastimento nei pressi del Faro della Lanterna, scivolò in mare e i marinai che passavano di là durante i temporali udivano il dolce suono della campana sommersa.

Sopra l’ingresso della torre in un’edicola gotica ad arco è posta la statua gotica del patrono San Giusto che guarda la facciata della cattedrale e regge nella mano destra la palma del martirio, mentre nell’altra i simboli di Trieste. Si suppone che l’opera sia datata tra il X e l’XI secolo e attribuita a una bottega di Venzone però sembra che la testa del santo patrono sia più un’opera di periodo romanico e aggiunta forse posteriormente in sostituzione della testa originale danneggiata dal tempo. L’imperatore d’Austria Leopoldo III nominò il primo vescovo tedesco di Trieste, Enrico de Wildenstein, che in data 27 novembre 1385 consacrò l’altare maggiore della cattedrale. A fianco della Cattedrale è posta la Cappella di San Giovanni ex-Battistero, al cui interno sono conserveati tutti i reperti romani trovati sotto il castello e i mosaici del trecento che raffiguravano il martirio di San Giusto. Accanto alla Cattedrale c’è la cappella di San Michele al Carnale del 1200, dove si conservavano le ossa esumate del cimitero che si trovavano nell’Orto Lapidario.

Sulla facciata di San Giusto spicca il rosone gotico trecentesco con le colonnine in pietra bianca del carso simile a quello che ornava il Duomo di Cremona città natale del vescovo Rodolfo Pedrazzani che lo aveva commissionato agli scalpellini che provenivano da Soncino,vicino a Cremona. Oggi a Trieste c’è Via dei Soncini per ricordare questi artigiani che vissero con le loro famiglie a Trieste. Sulla facciata di San Giusto sono incastrate due palle di cannone sparate nel 1813 dalle navi della flotta britannica contro il Castello di San Giusto difeso dalle truppe napoleoniche francesi.

 Sulla facciata sono posti tre busti, da sinistra quello di Enea Silvio Piccolomini I, Rinaldo Scarlicchio e Andrea Rapicio. Enea Silvio Piccolomini eletto Vescovo di Trieste nel 1446 riuscì ad appianare le violente discordie tra la Diocesi triestina e il Capitolo cittadino e anche con l’Imperatore Federico III. Abitava in una elegante villa a Barcola e oltre a scrivere poesie e rime, scrisse numerose opere importanti.Eletto Papa nel 1458, col nome Pio II, intervenne presso la Serenissima per far cessare le guerre sull’adriatico. Morì ad Ancona mentre si apprestava a partire per la guerra contro i Turchi.Busto del Vescovo Rinaldo Scarlicchio eletto vescovo a Trieste il 5 giugno 1621, dove rimase per nove anni. Combattè l’eresia luterana e morì nel 1640 e fu sepolto in nell’odierna Gornji Grad, nella tomba dei vescovi di Lubiana. Busto del Vescovo Andrea Rapicio (Trieste, 1533 – Trieste, 1573), cattolico, giurista italiano e letterato, vescovo di Trieste dal 1565. Sembra che la sua famiglia si era trasferita in Istria e che il giovane Andrea vi avesse passato lunghi periodi di vacanza. Il castello dei Rapicio, imponente opera di muratura andata distrutta durante il secondo conflitto mondiale, si trovava vicino a Pisino. Si è salvato solo un quadro, probabilmente in origine parte di una serie, raffigurante appunto il vescovo Andrea. Opera di pittore ignoto, è databile agli inizi del XVIII secolo. Gli stipiti del portale principale della cattedrale sono stati ricavati da una stele funeraria romana, e su quello sinistro è visibile una scultura della croce templare.

Le campane di San Giusto furono più volte lesionate dai fulmini e rifuse, fino al 1953 quando furono inaugurate tre nuove campane di rame e stagno e decorate da Carlo Sbisà, famoso artista triestino. Si racconta che… nel 1508 i veneziani durante la conquista di Trieste rubarono la campana più grande chiamata “el Campanon” e quando la campana fu caricata su un bastimento nei pressi del Faro della Lanterna, scivolò in mare e i marinai che passavano di là durante i temporali udivano il dolce suono della campana sommersa…..

Accanto alla cattedrale c’è una colonna veneziana del 1560 alla cui sommità nel 1844 furono messi il melone con i 13 spicchi, uno per ogni Casada della nobiltà medievale triestina e l’alabarda. Si racconta che… l’alabarda che secondo un’antica tradizione, cadde dal cielo su Trieste il giorno del martirio di S. Sergio, patrono assieme a San Giusto di Trieste.

L’interno è a cinque navate, le due di sinistra appartenevano alla basilica romanica dell’Assunta, quelle di destra al tempietto medievale di S.Giusto. I mosaici bizantini che rivestono le absidi risalgono al 1100-1200.

I mosaici bizantini rivestono l’abside sinistra e risalgono agli inizi del 1100.: la Madre di Dio tra gli arcangeli Gabriele e Michele e gli Apostoli nel giardino mistico. I mosaici dell’abside destra sono datati nel 1200: il Cristo benedicente affiancato dai martiri Giusto e Servolo sullo sfondo dorato. Sotto i mosaici, entro le piccole arcate, intorno al 1230 furono eseguiti gli affreschi con la passione di S.Giusto: la fustigazione, la condanna a morte per annegamento, il cammino verso il molo, il martirio, il sogno premonitore di Sebastiano, il ritrovamento del corpo, i funerali e l’assunzione in cielo della sua anima. A destra della cappella di S.Giusto si apre una piccola abside dedicata a S.Apollinare, decorata da affreschi romanici molto sbiaditi dal tempo, che raffigurano le Storie del Santo.​​

L’abside centrale, che conclude il presbiterio, è stata mosaicata nel 1932 dal veneziano Guido Cadorin che vi ha raffigurato l’Incoronazione della Vergine e Santi. Attigua alla cappella dell’Addolorata, c’è la cappella del Tesoro, dove sono conservati oggetti di epoca diversa: bizantino-romanico,gotico-rinascimentale e barocco-neoclassico.

Tra essi sono da notare in particolar modo: l’urna-reliquiario di S.Giusto, in lamina d’argento opera duecentesca di produzione cividalese. Fu ritrovata intatta nel 1624 dal vescovo Scarlicchio sotto l’altare del Santo e all’interno c’era anche la pietra forata con cui fu affogato il santo e il velo dipinto con la sua immagine; il crocifisso dei Battuti;il crocifisso di Alda Giuliani; l’alabarda di S.Sergio di stile gotico e la tradizione vuole che l’arma-reliquia non tolleri né la ruggine né la doratura; il polittico di Paolo Veneziano, raffigurante la Crocifissione eppoi molti Santi entro archetti e altri compaiono a mezzo busto fra gli archi.

Nella navata sinistra si aprono le due cappelle di S.Giovanni e di S.Giuseppe. La prima risale ad epoca tardoromanica e fu edificata probabilmente nel luogo dell’antico battistero paleocristiano. Sulle pareti sono esposti gli affreschi con le Storie di S.Giusto. La cappella di S.Giuseppe fu edificata nel XVII sec. dal vescovo Scarlicchio, sulle pareti laterali sono rappresentate le scene della Fuga in Egitto e della Morte di S.Giuseppe; sulla volta la Glorificazione del Santo. Nella navata destra si aprono le cappelle di S.Servolo e di S.Carlo. La cappella di S.Servolo fu eretta nella prima metà del Trecento ed ampliata circa un secolo più tardi. Di grande rilievo artistico è il drammatico gruppo scultoreo del Vesperbildo Compianto sul Cristo morto, opera tedesca della prima metà del Trecento. La cappella di S. Carlo fu voluta nel 1336 dal vescovo fra’ Pace da Vedano per sistemarvi la propria sepoltura. In essa sono sepolti alcuni membri del ramo Carlista dei Borboni di Spagna e Marzio Strassoldo di Villanova, capitano cesareo di Trieste dal 1710 al 1723.

BASILICA DI SAN SILVESTRO TRIESTE

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 La Basilica di San Silvestro è a metà strada fra il Teatro Romano e la Cattedrale di San Giusto, nel rione di Cittavecchia, di fianco la chiesa di Santa Maria Maggiore e a pochi passi dall’Arco di Riccardo la basilica è attualmente il luogo di culto delle Comunità Evangeliche Riformate Elvetica e Valdese, ma  fino al 1784 fu un’importante chiesa di culto cattolico e anche la chiesa più antica della città. Sulla facciata c’è un rosone sopra a quella che fu la porta principale. La chiesa presenta una pianta di forma irregolare priva di abside, con una navata centrale e due navate laterali minori, il soffitto è a capriata. I resti degli affreschi che ancora si possono vedere risalgono all’inizio del XIV secolo e rappresentano scene della vita dell’Imperatore Costantino e l’Annunciazione.

 Alcuni membri della Comunità Evangelica di Confessione Elvetica, in gran parte immigrati svizzeri dai Grigioni (da cui l’intitolazione della via prospiciente la facciata con la piccola scalinata), la acquistarono e, dopo averla restaurata la riaprirono al culto riformato, dedicandola a Cristo Salvatore.

 A causa di un violento terremoto nel 1927 la chiesa fu molto danneggiata e fu poi restaurata con lo stile iniziale del trecento e, nel 1928, divenne monumento nazionale.

 

CASTELLO DI MUGGIA TRIESTE

Muggia nasce in epoca romana per la difesa della via Flavia che collegava l’antica Tergeste a Pola e durante l’epoca medievale  il centro si sviluppò intorno al porto.

Il Patriarca di Aquileia a cui era stata affidata la città, ordinò nel 1374 la costruzione del Castello per porre termine alle dispute interne tra le fazioni venete e patriarchine. Si successero negli anni diverse lotte tra i veneziani, il patriarcato di Aquileia, l’arciduca Massimiliano I e Trieste per la conquista di Muggia e il Castello fino al 1700 rimase il baluardo della difesa militare.

Nel 1900 è stato acquistato ed è diventato una casa privata.Oggi i proprietari sono la famiglia dello scultore Bossi che organizza eventi culturali e musicali aperti al pubblico.

 

ROTONDA PANCERA TRIESTE

Nelle vicinanze dell’ Arco di Riccardo e di Cavana c’è Rotonda Pancera. La facciata si presenta come un grande tempio con colonne, capitelli ionici, balaustre e altorilievi rappresentanti scene di vita greco-romana, in particolare una vicenda legata a Coriolano, Virginia uccisa dal padre e il sacrificio di Ifigenia. Tra le colonne ci sono le statue di Marte e Minerva, realizzate da Antonio Bosa.

 Domenico Pancera fu il primo proprietario del palazzo. Commerciante e consigliere magistratuale, di origine friulana, caratterizzò anche gli interni del palazzo con la saletta in stile pompeiano e i preziosi affreschi del grande salone circolare e con la volta a cupola con affreschi raffiguranti la storia di Amore e Psiche. A metà del 1800 il palazzo fu abitato dalla famiglia di Felice Machlig,affiliato alla loggia massonica. E’ stato ritrovato un tempio nella sala sotterranea decorata anche con affreschi tipici della loggia massonica dei liberi Muratori.Anche sui bassorilievi della facciata ci sono simboli della massoneria come la squadra, il compasso e la livella.

 

BASILICA DI SAN SPIRIDIONE TRIESTE

Maria Teresa d’Austria nel 1751 con un decreto autorizzò la costruzione di un tempio di proprietà della Confraternita Greca-Illirica dedicata a San Spiridione e alla Santissima Trinità nel borgo teresiano, accanto a Ponterosso e vicino alla Chiesa di Sant’Antonio Nuovo. Nel 1781 la comunità si divise in due gruppi e si distinsero in  due sedi di culto: la chiesa di San Nicolò per i greci e la chiesa di San Spiridione per la componente serbo-ortodossa.
Nel 1861, in seguito ai lavori di interramento delle saline nell’omonimo Borgo,  il tempio di San Spiridione venne demolito. Il progetto della nuova chiesa fu  affidato all’Accademia delle Belle Arti di Venezia e a furono scelti i disegni dell’ architetto Carlo Maciacchini (1818-1899). La  “Patente di Tolleranza” emanata nel 1761 da Maria Teresa vietava ai culti non cattolici l’apertura al pubblico dalla strada principale, ma l’architetto Maciacchini elabora la facciata principale con l’ingresso su Via San Spiridione e nel 1860 ottenne la deroga alle indicazioni del Patto e l’approvazione del suo progetto.
La nuova chiesa ha una struttura in stile bizantino-orientale con pianta a  forma di croce greca e sugli angoli 4 campanili che sostengono la cupola centrica. Tutta la parte esterna del tempio è rivestita di pietre delle cave di Santa Croce nel Carso e di Brioni in Istria mentre la parte decorativa fu eseguita dal milanese Antonio Caremmi.
Sopra l’ingresso principale, nel mosaico su fondo oro, è raffigurato San Spiridione, titolare della chiesa, mentre nella lunetta e nelle nicchie sopra l’ingresso settentrionale, sul fianco sinistro del tempio, si possono ammirare
 l’Arcangelo Michele e i santi Atanasio e Gregorio e su quello destro la Madonna con i santi Basilio e Giovanni Crisostomo. Per motivi economici l’uso dei mosaici fu limitato solo sulle facciate esterne mentre all’interno, per dare il medesimo effetto, gli affreschi furono dipinti a tempera e ad olio con la stessa tecnica del mosaico. I dipinti raffigurano scene di Cristo e della vita di San Spiridione.
 L’interno della chiesa è riccamente dipinto con affreschi su fondo d’oro che raffigurano scene di Cristo e della vita di San Spiridione eseguiti da Giuseppe Bertini. Per motivi economici  l’uso dei mosaici fu limitato solo sulle facciate esterne mentre all’interno  gli affreschi furono dipinti con la stessa tecnica per dare il medesimo effetto.
In particolare si possono ammirare i dipinti di Cristo con gli apostoli, nell’abside principale, mentre, in quella di sinistra, San Spiridione durante il primo concilio ecumenico di Nicea (325 d.C.) e, sulla volta della cupola, il Cristo Pantocratore.
Le quattro icone coperte in oro e argento, eseguite in Russia tra il 1846 ed il 1850, erano già presenti nella prime chiesa e raffigurano S.Spiridione, la Madonna con il Bambino, il Cristo Re e l’Annunciazione.
Molti personaggi illustri legati alla comunità serbo-ortodossa arricchirono l’interno del tempio di doni preziosi come il futuro zar della Russia, Paolo I, che in occasione di una visita a Trieste, nel 1782, regalò una grande lampada votiva d’argento che oggi pende all’entrata della chiesa. Il tempio, completato nel 1869, alto 40 metri, lungo 38 e largo 31, può accogliere fino a 1600 fedeli ed è la chiesa serbo-ortodossa più importante in Italia. Dal 2011 fa parte della diocesi di Italia, Austria e Svizzera, con sede vescovile a Vienna.

FOIBA DI BASOVIZZA – MONUMENTO NAZIONALE TRIESTE

Un pozzo minerario, scavato all’inizio del XX secolo per intercettare una vena di carbone e presto abbandonato per la sua improduttività, nel maggio del 1945 divenne un luogo di esecuzioni sommarie da parte dei partigiani comunisti di Tito per migliaia di italiani di ogni estrazione: civili, militari, carabinieri, finanzieri, agenti di polizia e di custodia carceraria, fascisti e antifascisti, membri del Comitato di liberazione nazionale, dapprima destinati ai campi d’internamento allestiti in Slovenia e successivamente infoibati a Basovizza.
Questi dopo essere stati prelevati nelle case di Trieste, durante alcuni giorni di un rigido coprifuoco venivano trasportati con i carri della morte a Basovizza e con le mani straziate dal filo di ferro e spesso avvinti fra loro a catena, venivano sospinti a gruppi verso l’orlo dell’abisso. Una scarica di mitra ai primi faceva precipitare tutti nel baratro. Sul fondo chi non trovava morte istantanea dopo un volo di 200 metri, continuava ad agonizzare tra gli spasmi delle ferite e le lacerazioni riportate nella caduta tra gli spuntoni di roccia. Molte vittime erano prima spogliate e seviziate.
Dichiarata Monumento Nazionale nel 1992, è divenuta oggi il principale memoriale – simbolo per i familiari degli infoibati e dei deportati deceduti nei campi di concentramento in Jugoslavia e delle associazioni degli italiani esuli dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia, che qui ricordano le vittime delle violenze del 1943-1945. Il Giorno del ricordo è una solennità civile nazionale celebrata il 10 febbraiodi ogni anno. Istituita con la legge n. 92 del 30 marzo 2004 ” La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Nel 2007 è stata inaugurata la nuova sistemazione del Sacrario,
che dal 2008 è dotato anche di un Centro di Documentazione gestito dalla Lega Nazionale in collaborazione con il Comune di Trieste.

PIAZZA HORTIS TRIESTE

Piazza Hortis era un antico sito cimiteriale dell’epoca paleocristiana eppoi  venne creata a seguito della demolizione del 1788 di parte del convento duecentesco dei Frati Minori di San Francesco  annesso all’attuale

chiesa di Sant’Antonio Vecchio (oggi Beata Vergine del Soccorso). Prima i francesi la nominarono Piazza Lutzen per celebrare la vittoria di Napoleone, poi gli asburgo Piazza Lipsia per celebrare la sconfitta dei francesi eppoi Piazza Attilio Hortis come omaggio ad uno dei più illustri direttori in carica alla Biblioteca Civica che si affaccia direttamente sulla piazza.

La piazza è coperta quasi interamente da un’enorme giardino circa 2100 mq. di superficie ove si possono ammirare alberi pregiati. Al centro è posta un’opera di Giovanni Mayer e la statua di Jacopo Hortis. Nel 1822 la Biblioteca fu trasferita da Piazza Unità

 a Casa Biserini, edificio costruito su un’altra parte di demolizione del convento francescano.

Davanti alla Biblioteca Civica è collocata la statua dello scrittore Italo Svevo, simbolo della cultura letteraria della piazza. Opera del 2004 dello scultore triestino Nino Spagnoli.