palazzo stratti Trieste-Piazza Unità d'Italia

PALAZZO STRATTI – PIAZZA UNITA’ D’ITALIA – TRIESTE

ll ricco mercante di panni, il greco Nicolò Stratti ,importante personaggio della città di Trieste nei primi  dell’ottocento, nel 1839, ordinò all’architetto Antonio  Buttazzoni la progettazione di un palazzo di stile neoclassico a nord-est della Piazza e che ricordasse lo stile del Palazzo Carciotti che da quarant’anni dominava le Rive.
palazzo stratti piazza unità d'italia trieste

La facciata è coronata da una balaustra  e conclusa da un gruppo scultoreo, che si trovava un tempo sulla facciata postica, opera dello scultore veneziano Luigi Zandomeneghi.

Nell’opera  allegorica, Trieste  è  rappresentata da una  donna circondata da simboli che inneggiano la crescita culturale ed economica della città, come lo sviluppo tecnologico (la locomotiva di George Stephenson data all’Austria nel 1837 per migliorare la tratta ferroviaria Trieste-Vienna) , urbanistica (un capitello),  artistica (la cetra, per la musica,  la tavolozza per la pittura e il busto per la scultura), lavorativa (un incudine, un martello e un’ancora) e, infine, la crescita della ragione ma anche la presenza sempre del mistero delle tenebre( una civetta, animale sacro a Minerva) .
palazzo stratti piazza unità d'italia trieste

Nel 1846, per difficoltà finanziarie dello Stratti, il palazzo, fu acquistato  per 400.000 fiorini  dalle Assicurazioni Generali. Al piano terreno dell’edificio c’è lo storico Caffè degli Specchi inaugurato nel 1839 ma completato solamente nel 1846 quando la proprietà del palazzo passò alle Assicurazioni Generali. La facciata del palazzo è stata totalmente ristrutturata nel 1872 su progetto degli architetti Geiringer e Righetti.

Piazza Unità d'Italia trieste

PALAZZO DEL MUNICIPIO – PIAZZA UNITA’ D’ITALIA – TRIESTE

All’ingresso di Piazza Unità d’Italia, provenendo da Piazza della Borsa, dove prima sorgeva il Palazzo del Magistrato,

palazzo del municipio piazza unità d'italia trieste

nel 1875 fu progettato dall’architetto Giuseppe Bruni il Palazzo del Municipio. Lo stile delle facciate è caratterizzato da un misto di stile parigino e manierismo germanico. palazzo del municipiopiazza unità d'italia trieste

Il Palazzo inizialmente non piacque al popolo triestino che lo soprannominarono  palazzo “Cheba”, ovvero palazzo “Gabbia”, per la forma che ricorda una enorme gabbia per gli uccelli, ma anche palazzo “Sipario”, poiché con la sua mole imponente riusciva a nascondere i ruderi e le brutture delle case della Cittavecchia che si trovavano alle sue spalle. Il piano terra è realizzato da archi a tutto sesto che riproducono l’idea di un porticato, mentre ai piani superiori si aprono numerose finestre divise in bifore e trifore.

palazzo del municipio piazza unità d'italia trieste Composto da due corpi laterali di quattro piani di altezza, e da un corpo centrale più alto di un piano e caratterizzato dalla torre dell’orologio, in cima alla quale due mori in bronzo, soprannominati dai triestini Micheze e Jacheze (I loro nomi derivano dallo sloveno “Mihec” e “Jakec” che significa Michele e Giacomo), scandiscono il tempo ogni quarto d’ora. I primi dodici rintocchi di mezzoggiorno si sentirono il 14 gennaio del 1876.

palazzo del municipio piazza dell'unità triesteLe due statue ricordano i due mori installati nel 1517 sulla Torre dell’Orologio, chiamata anche Torre del Porto, oppure ancora Torre del Mandracchio che era la porta della piazza (allora Piazza Grande o Piazza San Pietro) che dava sull’antico porto della città.

palazzo del municipio piazza unità d'italia triesteAttualmente sulla torre del Municipio sono due copie delle statue originali che si trovano all’ingresso del castello di San Giusto.

PIAZZA UNITA’ D’ITALIA – TRIESTE

Inizialmente chiamata San Pietro per l’esistenza nella piazza della chiesa di San Pietro, demolita nella seconda metà dell’Ottocento, ma nota anche come Piazza Grande, per distinguerla dalla Piazza Piccola situata dietro il palazzo del Comune.

La piazza si presentava molto più piccola di quella attuale e chiusa, dal lato verso il mare, dalle mura e dalla Torre del Porto, che si affacciava sul “Mandracchio”, l’antico porto che si estendeva fino a metà dell’attuale piazza.piazza unità d'italia trieste

Di sera una suggestiva illuminazione con luci blu ricorda l’antico litorale. Mentre dal lato opposto la piazza era delimitata dal vecchio palazzo del Comune, sede dell’amministrazione cittadina sin dal medioevo.  

Durante il 1800 furono fatti i lavori per aprire la piazza verso il mare, interrare il Mandracchio e creare un grande giardino attorniato dai palazzi costruiti dal Settecento ai primi del Novecento. Dopo la prima guerra mondiale, dal 1918, dopo un breve periodo nel quale era stata denominata Piazza Francesco Giuseppe, aveva assunto il nome di Piazza Unità in onore dell’avvenuta annessione di Trieste all’Italia e dal 1955 divenne Piazza Unità d’Italia.

12.280 mq. pianta rettangolare e da un lato si apre direttamente sul mare. E’ la piazza più estesa d’Europa che si affaccia sul mare.

cittavecchia via donota trieste

CITTAVECCHIA – VIA DONOTA – TRIESTE

Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un’oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.

Qui tra la gente che viene che va
dall’osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l’infinito
nell’umiltà.

Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d’amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s’agita in esse, come in me, il Signore.

Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.

“Cittavecchia” Umberto Saba

A ridosso del Teatro Romano, nel cuore del rione di Città Vecchia, seguendo il pendio del Colle di San Giusto, c’è una delle strade più antiche di Trieste “Via Donota” considerata come la strada che congiungeva Aquileia con la parte centrale dell’antica Tergeste, sul prolungamento del Cardo maximus.

cittavecchia via donota trieste

Nel medioevo all’ingresso della strada sorgeva la Torre-Porta Donota, una torre merlata a pianta quadrata, munita di un ponte levatoio e di un fossato pieno d’acqua, costruita per difendere uno dei principali accessi all’interno delle mura della città e al castello di San Giusto.  Dopo lo sviluppo urbano dell’ottocento la facciata originale della Porta non è stata più visibile perchè coperto da un moderno edificio e nello spazio antistante è sorta Piazza Donota caratterizzata dalla costruzione di nuovi edifici.

Dal 1981 al 1986  durante alcuni lavori di ristrutturazione edilizia vennero rinvenute parte delle strutture medioevali della Torre ma anche ruderi romani, un edificio risalente al I secolo, tombe a fossa del IV secolo e altre sepolture e anfore, tutto accuratamente conservato nell’Antiquarium di via Donota, aperto dalla Soprintendenza in data 14 dicembre 1985 e situato all’angolo di via Donota e via Battaglia.

cittavecchia via donota trieste

Nell’Androna degli Scalini che collega via del Teatro Romano e via Donota,  si trovava un lavatoio pubblico funzionante  fino al 1936.

cittavecchia via donota trieste

All’angolo tra via Donota e via del Crocefisso c’è un’edicola detta “Pontal de Cristo”, da cui il nome della strada.  L’originale forse di origine medioevale fu distrutto dal fuoco nel 1931 e sostituito da un primo che il 23 dicembre 1980 fu trafugato assieme alla corona sovrastante e, poi, da un secondo realizzato  dallo scultore Renzo Possenelli.

cittavecchia via donota trieste

L’edificio in Via Donota al n. 16 sorge su una preesistenza di origine medievale come confermato dagli scavi condotti nel 1982 che hanno permesso di identificare l’originaria muratura, costituita da blocchi di arenaria ben squadrati ma anche di scoprire frammenti di tegole, intonaco giallo e rosso e parti di mosaico a tessere nere, che testimoniano la presenza di antiche abitazioni.

cittavecchia via donota trieste

Sulla facciata principale dell’edificio è visibile una bifora medievale ad archetti  in pietra d’Istria, con un’esile colonnina centrale e un capitello a forma di piramide quadrangolare tronca e capovolta. Un’ulteriore finestra, di cui rimangono solo poche tracce, si apre in corrispondenza dell’angolo sinistro del prospetto.

Via Donota era una delle strade principali della città piena di botteghe e abitata da molti lavoratori del mare.

cittavecchia via donota trieste

In questa via i fratelli Ploner crearono nel loro laboratorio di strumenti musicali una nuova tastiera  di fisarmonica, detta alla triestina, che ottenne molto successo tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900.

chiesa di santa maria maggiore trieste

CHIESA DI SANTA MARIA MAGGIORE – TRIESTE

Nel centro storico di Trieste e a pochi passi dall’Anfiteatro romano, su una grande gradinata costruita nel 1956, sorge la Chiesa di Santa Maria Maggiore, esemplare unico in stile barocco tra le chiese della città. La Chiesa è detta popolarmente dei Gesuiti per ricordare che la sua costruzione fu voluta dalla Compagnia di Gesù, giunta a Trieste nel 1619. Dopo l’edificazione del Collegio dei Gesuiti, nel 1627, divenuto successivamente carcere criminale austriaco e carcere femminile italiano, fu posta la prima pietra per la costruzione di una grande Chiesa dedicata all’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria.

chiesa di santa maria maggiore trieste

I lavori si protrassero a lungo e continuarono anche dopo la consacrazione della Chiesa del 1682 e la soppressione della Compagnia di Gesù avvenuta nel 1773. La Chiesa dopo l’estinzione canonica del 1774 della parrocchia di S. Giusto Martire e per le sue dimensioni e la bellezza architettonica divenne uno degli edifici religiosi più importanti di Trieste.

L’interno della Chiesa viene attribuito al gesuita modenese, forse progettista, Giacomo Briani, mentre la facciata settecentesca al gesuita trentino, pittore e architetto, Andrea Pozzo. Sopra la porta centrale della maestosa e monumentale facciata, in stile barocco,  spicca un fregio a forma di sole con le lettere MRA (Maria Regina degli Angeli) e nella grata in ferro battuto sottostante è visibile un piccolo martello gesuitico.

chiesa santa maria trieste

L’interno presenta una pianta a croce latina ed è diviso da due file di pilastri in tre navate. La cupola ottagonale emisferica fu distrutta da un incendio e ricostruita nel 1817 da Giovanni Righetti. In particolare:nella navata di sinistra si nota la Cappella del fonte battesimale in marmo bianco, su cui svetta la statua di Giovanni Battista e la volta del soffitto è affrescata con scene del Nuovo Testamento; 

nella navata di destra spicca l’altare dedicato alla Madonna delle Grazie eretto nel 1853 dal Barone Pasquale Revoltella in memoria della madre Domenica; alle pareti laterali delle navate compaiono le grandi tele della Via Crucis, opera di grande pregio dell’artista triestino Carlo Wostry; sulla cupola del tabernacolo dell’altare maggiore è poggiata la statua del Cristo risorto; nell’abside un grande affresco a tempera raffigura l’Apoteosi dell’immacolata. A sinistra dell’altare maggiore vi è la Cappella del Crocefisso e altare “della Buona Morte” , un dono del vescovo Giovanni Francesco Mueller nel 1713 e, sul lato sinistro, tra le opere si nota la tela di Cristo nel sepolcro, di Carlo Wostry del 1894 .

chiesa santa maria trieste

 La Cappella a destra dell’altare maggiore è dedicata alla Madonna della Salute e all’interno si trova il quadro della Vergine, donato nel 1841 da Domenico Rossetti. Alla Madonna della Salute i triestini sono particolarmente devoti. Dal 1849, anno in cui scoppiò l’epidemia del colera in città, ogni anno, il 21 novembre, i triestini convengono nella Chiesa per rinnovare la devozione alla Madonna. Il vescovo Antonio Santin nel 1957 volle collocare in via del Teatro Romano la Cappella con la statua miracolosa della Madonna dei Fiori  all’origine della festa del 21 novembre. Il busto marmoreo, cinquecentesco, raffigurante la Madonna col Bambino fu rinvenuto, nel 1830 circa, da un oste il cui soprannome era di Fior e il 15 ottobre 1849 per impetrare la cessazione del colera fu portata in processione e il 21 novembre dello stesso anno fu riportata in processione per grazia ricevuta.

Sotto la Chiesa di Santa Maria Maggiore si trovano i Sotterranei dei Gesuiti  che hanno attirato da sempre l’attenzione di studiosi d’arte e appassionati del mistero. Autori del XIX e XX secolo come Pietro Kandler, Ettore Generini,  Giovanni Machorsich e il collezionista Diego de Henriquez, si sono occupati dei sotterranei del collegio. Li hanno  ripercorsi  e descritti. Oggi gli affascinanti ambienti dei sotterranei sono visitabili in tutta sicurezza grazie all’interessamento della Parrocchia di Santa Maria Maggiore e ai volontari della Sezione di Speleologia Urbana della Società Adriatica di Speleologia.

ghetto ebraico trieste

GHETTO EBRAICO 1 – TRIESTE

Nel 1810 è proclamata l’uguaglianza religiosa e civile di tutti i cittadini. Si elimina ogni forma di discriminazione verso gli ebrei ancora in vigore.Il ritorno dell’Austria e il periodo della Restaurazione, caratterizzata in tutti i territori degli Asburgo da un forte centralismo e da un capillare controllo poliziesco, ripristinano alcune interdizioni nei confronti degli ebrei (fra cui quella del pubblico impiego, il divieto di possedere immobili o la necessità di un permesso per sposarsi).Sul finire del secolo la città portuale attira infatti decine di imprenditori e commercianti che qui si specializzano nei commerci di caffè, spezie, zucchero, uvette, granaglie ed erbe aromatiche orientali.L’Ottocento vede svilupparsi in modo impetuoso la vita economica dell’emporio triestino e segna il momento di maggiore fioritura civile e culturale degli ebrei di Trieste. Nel porto degli Asburgo nascono le prime compagnie assicurative e di navigazione mentre i traffici marittimi vivono un impulso senza precedenti.

La componente ebraica continua a giocare un ruolo di primo piano, testimoniato ancor oggi da sontuosi palazzi che caratterizzano la città: palazzo Hierschel lungo il Canal grande; palazzo Carciotti, primo e più originale esempio di neoclassico a Trieste, progettato dall’architetto Matteo Pertsch, prima sede delle Assicurazioni Generali;

sinagoga trieste

Tra Ottocento e Novecento la città registra un flusso costante di ebrei in fuga dai pogrom dell’Europa orientale e della Russia e diretti in Palestina o nelle Americhe. Fino allo scoppio della seconda guerra mondiale è proprio Trieste il principale porto d’imbarco per Israele, tanto da vantare il titolo di “Shaar Zion”, “Porta di Sion”. Un chiaro segno dell’importanza raggiunta dalla Comunità triestina nella prima metà del Novecento è la realizzazione della monumentale sinagoga di piazza Giotti, ancora oggi uno dei simboli della Trieste multireligiosa.LA GRANDE SINAGOGA

ghetto ebraico trieste

Nel settembre 1938, in un discorso pronunciato proprio a Trieste, in piazza Unità, Benito Mussolini annuncia  la promulgazione delle leggi razziali. Si sancisce così la completa espulsione dei cittadini ebrei dalla società civile. Si limita il loro diritto di proprietà e, con effetto retroattivo, si revoca la cittadinanza italiana a quanti l’hanno ottenuta dopo il 1919, creando così circa 500 apolidi privi di ogni protezione, impossibilitati anche a emigrare perché privi di passaporto.Il 22 febbraio 1939, viene sciolta la Comunità israelitica che fino allora aveva rappresentato un elemento fondamentale di riferimento e di coesione.  Dal 1941, anche sulla scia degli eventi bellici, la persecuzione si fa via via più aspra. Gli incidenti e i maltrattamenti si susseguono fino alla devastazione, il 18 luglio 1942, della maestosa Sinagoga.Le intimidazioni e le aggressioni contrassegnano anche il 1943, anno che rappresenta un momento di drammatica svolta per la Comunità di Trieste,  l’8 settembre scatta il piano d’occupazione tedesco e Trieste, capoluogo del Litorale adriatico, viene posta sotto il diretto controllo germanico. La politica antisemita volge ora alla soluzione finale.

Tra novembre e dicembre del 1943 la Risiera di San Sabba, complesso di edifici industriali dei primi Novecento, un tempo adibito alla pilatura del riso e poi a caserma, viene trasformato nell’unico campo di sterminio realizzato sul territorio italiano. A gestirla sono chiamati militari e ufficiali già sperimentati nelle atrocità della soluzione finale in Polonia. Alla Risiera trovano la morte tra le 4 e le 5 mila persone, per lo più oppositori politici, partigiani italiani, sloveni e croati.Le vittime ebree sono meno di un centinaio. Per gli ebrei il campo di San Sabba è infatti solo una sistemazione temporanea in attesa della deportazione, di solito in direzione Auschwitz.La Comunità triestina è colpita nel profondo. Almeno 700 persone, il 10 per cento degli ebrei italiani furono deportati e faranno ritorno dai campo di sterminio solo in 19, soprattutto donne, che testimonieranno l’orrore subito. Dopo la guerra rientra in città un migliaio di sopravvissuti nascostisi in Italia o in Svizzera. Molti di loro emigreranno in Palestina o nelle Americhe. Rimangono a Trieste circa 1500 ebrei e a metà degli anni ‘60 un netto scompenso tra morti e nascite ridurrà il loro numero di circa 500 unità.Oggi la Comunità ebraica di Trieste conta quasi 600 iscritti ed è considerata a livello nazionale una realtà media.

 

ghetto ebraico trieste

GHETTO EBRAICO – TRIESTE

“Quando nacqui mia madre ne piangeva, sola la notte, nel deserto letto. Per me, per lei che il dolore struggeva, trafficavano i suoi cari nel ghetto”
Umberto Saba, Autobiografia
ghetto ebraico trieste
Il ghetto ebraico è situato nel quartiere che si estende tra piazza della Borsa e il Teatro romano, a ridosso di Piazza Unità d’Italia ed è circoscritto tra contrada Malcanton, contrada Riborgo e contrada delle Beccherie.
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ghetto ebraico trieste

Fu istituito da Leopoldo I d’Asburgo nel 1696 nell’area allora periferica di corte Trauner e il 28 novembre 1696 con decreto imperiale, fu trasferito a Riborgo, il cuore commerciale di trieste, accogliendo le proteste della comunità ebraica che voleva essere più vicina ai luoghi dove si svolgeva la vita economica della città.

Alla popolazione ebraica sono assegnate 13 case intorno alla piazzetta, detta delle Scuole ebraiche, e lungo due contrade parallele che dividono il quartiere in direzione nord sud. Nel 1697, requisite altre case, entrarono nel ghetto un centinaio di ebrei.

Al ghetto si accede dalla Portizza ed è circondato da un alto muro con tre porte d’ingresso: in piazza del Rosario, in fondo a via Beccherie e a Riborgo, all’epoca vigilate notte e giorno dalle guardie cristiane.

La proclamazione del porto franco di Trieste nel 1719, a opera di Carlo VI d’Asburgo, porta con sé privilegi e libertà per tutti e anche per la comunità ebraica sempre più numerosa e che assume, con il fiorire dei traffici e dei commerci, un ruolo centrale nella città.Nel 1748 venne costruita la prima sinagoga, la Shola n.1,di rito tedesco, distrutta da un incendio nel 1822. Fu ricostruita tre anni dopo e rimase attiva fino al 1935 come oratorio. Nel 1771 Maria Teresa concede infine agli ebrei di Trieste due Patenti sovrane, veri e propri regolamenti che prevedono, tra l’altro, l’esenzione dall’obbligo di indossare il segno giallo distintivo e l’abolizione della tassa speciale sulla persona (Leibsteuer), che doveva essere pagata da ogni ebreo per entrare in un’altra città.Nel 1784 l’imperatore Giuseppe II istituì le Patenti di tolleranza.Gli ebrei sono così ammessi alla carica di deputati alla Borsa, all’esercizio di attività professionali fino allora vietate e all’università e, l’anno successivo, fu abolita la segregazione.Furono costruite altre sinagoghe che vennero distrutte insieme a buona parte dell’antico ghetto durante il risanamento effettuato dal fascismo dal 1928 al 1937.

ghetto ebraico trieste

Dalla demolizione delle sinagoghe sono stati conservati degli oggetti di culto conservati nel Museo di Carlo e Vera Wagner in via del Monte 7.Fra il 1797 e il 1813 Trieste subisce per tre volte l’occupazione delle truppe napoleoniche, che segna per gli ebrei la conquista dei diritti.

ghetto ebraico trieste

Androna del Pane nominata così per le venditrici del pane le Servolane che arrivavano in città con le loro ceste di pane caldo.Androna del Pane era nominata anche Androna della Rizza che era il nome di una prostituta che abitava nell’Androna ed era molto conosciuta nell’ambiente. In queste stradine di Cittavecchia c’erano circa 40 case di tolleranza e più di 350 prostitute che esercitavano il mestiere, tutte regolarmente schedate e con l’assistenza sanitaria. La minuscola casa di tolleranza chiamata “Il metro cubo” è forse adombrata in una lettera di Joyce a Svevo in cui lo scrittore irlandese ricorda “i postriboli di pubblica insicurezza” della zona.ghetto ebraico Via Beccherie è una delle più antiche strade della città. Nel 1754, venne costruito nei pressi un nuovo macello comunale e questa strada venne destinata ai venditori di carne.

ghetto ebraico

 

L’ultimo tratto di via Beccherie, verso l’attuale largo Riborgo, venne distrutto nel 1934  e  al suo posto fu costruita, nel 1938, la Casa del Fascio, l’attuale Questura. 

ghetto ebraico

Via del Ponte corre da via  Beccherie a Piazza Vecchia e fino al 1749 c’era un ponte in legno che attraversava il Canale della Portizza, detto Canale “Piccolo” o “del Vino”, dove si inoltravano le imbarcazioni da carico.

ghetto ebraico trieste

 Piazza Vecchia si contraddistingueva da Piazza Nuova, la piazza situata dietro il palazzo del Comune che in futuro diventerà prima Piazza Grande e poi Piazza dell’Unità d’Italia.

ghetto ebraicoPiazza Vecchia un tempo era nota come Piazzetta del Rosario per la presenza di una confraternita di cittadini devoti che,nel 1613 chiesero la costruzione di una cappella detta del Rosario che per le leggi di Giuseppe II, fu chiusa nel 1784 e venduta alla Comunità evangelica di Cofessione Augustana, la quale ne mutò il titolo dedicandola alla SS. Trinità. Il fregio con dentro il triangolo e l’occhio, emblema del mistero della Santissima trinità. è ancora presente sulla facciata e sull’arco del presbiterio. nel 1869 il Comune demolita la chiesa di San Pietro, cappella comunale, la riacquistò destinandola a nuova cappella civica, facendo costruire in cambio la chiesa di Largo Panfili.

La denominazione di Via delle Ombrelle, da Via Beccherie a Piazza Vecchia, deriva dalla presenza della dimora di un bresciano dedito alla riparazione di ombrelli: Giacomo Malgarini.

ghetto ebraico

In via Malcanton fino al 1753 c’erano le mura dell’antica Trieste che in questa strada formavano un angolo detto in dialetto “canton” e poichè era frequentata da malviventi da qui il nome di Malcanton.

ghetto ebraico

Le vie del quartiere sono tuttora sede di negozi e di professioni tipiche dell’antiquariato, della vendita e del restauro di mobili, suppellettili e libri nonchè ristoranti e pub caratteristici.

 

basilica paleocristiana trieste

BASILICA PALEOCRISTIANA – TRIESTE

La sua scoperta risale alla prima metà dell’800, quando Domenico Rossetti, nel 1825, disegnò i mosaici dell’abside della chiesa che fu riportata alla luce soltanto agli inizi degli anni 60 del secolo scorso. Nel 1963 alcuni operai del Comune di Trieste, durante lo svolgimento di lavori ordinari, rinvennero, alla profondità di due metri dal suolo, un frammento musivo policromatico, con la scritta Bonosus defensor Sanctae Ecclesiae Tergestinae.

basilica paleocristiana trieste

Sotto la direzione della Soprintendenza ai Monumenti, Gallerie ed Antichità di Trieste, iniziarono gli scavi archeologici che riportarono alla luce una Basilica paleocristiana.

La Basilica era situata fuori dalle mura romane e poi medievali della città, nella zona cimiteriale, a monte della strada commerciale che, seguendo la riva del mare, serviva il porto romano e continuava verso la necropoli fra tombe ed edifici funerari. La Basilica probabilmente era nata per ospitare le reliquie di San Giusto, il cui corpo, fu ritrovato sulla riva del mare. Della chiesa non si sono trovate più notizie fino al 1150 quando ricompare con l’intitolazione a Sancta Maria ad Mare. Nel 1655 la chiesa fu completamente distrutta da un violento incendio e furono salvati dalle fiamme solamente alcuni frammenti di un mosaico. Fu ricostruita nel 1658 e in seguito alle riforme ecclesiastiche volute nel 1784 da Giuseppe II, figlio di Maria Teresa d’Austria, la Confraternita venne sciolta e la Chiesa fu ceduta al negoziante Bernardo Curti, che la demolì per far posto a una casa di abitazione.

Gli studiosi hanno individuato due fasi costruttive dell’edificio corrispondenti a due pavimenti gettati a solo 5 centimetri l’uno dall’altro nell’aula dei fedeli.

basilica paleocristiana trieste

La data della prima fase è fissata tra la fine del IV e l’inizio del V secolo, mentre la seconda tra la fine del V e il VI secolo. La parte più antica apparteneva a una basilica a navata unica lunga 30 metri e larga 11, priva di abside e risalente al V° secolo, la seconda presentava una pianta a croce con l’erezione di due corpi laterali al presbiterio. La basilica, orientata ad est, è costituita da un’aula cruciforme con transetto e abside semicircolare all’interno e pentagonale all’esterno. A sud il presbiterio comunica con un vano rettangolare ed è ipotizzabile che all’epoca un altro ambiente si aprisse anche a nord (pastophoria). Nel presbiterio, leggermente sopraelevato, sono stati rinvenuti due sarcofagi, interrati e scoperchiati, ed un pozzo per reliquie che doveva costituire il centro dell’altare, del cui basamento si conserva poco più a sud una grossa pietra d’Istria.

basilica paleocristiana trieste

I mosaici più antichi, a tessere grigie e bianche, sono articolati in tre corsie parallele e presentano motivi geometrici, mentre quelli superiori più recenti e policromi, presentano tre corsie parallele, bordate da una treccia a due nastri. La corsia centrale, sebbene sia solo parzialmente conservata, risulta ornata dal tipico motivo ad onda marina. La corsia settentrionale è costituita dall’intreccio, in due file affiancate, di due grandi rombi diametralmente opposti, racchiudenti al centro un ottagono, più spesso contenente un’iscrizione.

Le iscrizioni inserite nel pavimento musivo contengono per la prima volta la nomina alla Sancta Ecclesia Tergestina e i nomi e la condizione sociale di chi ha sostenuto le spese di costruzione, fornendo un prezioso documento relativo alla ricchezza della Chiesa triestina. Interessanti i nomi dei Defensores ecclesiae funzionari laici a cui era affidata la tutela legale delle chiese di Aquileia e Tergeste in controversie civili e amministrative e tra i vari donatori molti sono i nomi anche di origine greca e orientale,testimonianza dei notevoli rapporti intrattenuti dalla città con quelle regioni.

 

via torino trieste

VIA TORINO – TRIESTE

Via Torino,una delle strade della movida triestina, piena di locali caratteristici e ognuno con diverse specialità gastronomiche.via torino trieste

La laterale di Via Torino è Via Diaz, sede dell’ ingresso del Museo Revoltella e di eleganti e sofisticati ristoranti. 

All’ingresso della strada, verso piazza Hortis, c’è il Palazzo Premuda-Senitzer, opera di Giovanni Righetti e suo figlio.

museo dalmata istriano

La costruzione del palazzo risale all’inizio del XIX secolo, durante la seconda occupazione francese, testimoniata dalle due aquile napoleoniche situate sotto il poggiolo della facciata rivolta verso Piazza Hortis. Attualmente ospita il Museo della Civiltà Istriana, Fiumana e Dalmata.

piazza venezia trieste

PIAZZA VENEZIA – TRIESTE

La piazza ha origine nel XVIII secolo dai lavori di interramento e sistemazione delle vie prospicienti il mare e affacciate sul Molo Giuseppino, oggi Molo Venezia, sito di attracco, soprattutto, delle navi di proprietà del Lloyd Austriaco fino al XIX secolo. piazza venezia triestePiazza Venezia, all’epoca Piazza Giuseppina, era la piazza del Borgo Giuseppino, dal nome dell’imperatore d’Austria Giuseppe II d’Asburgo-Lorena, figlio dell’imperatore Maria Teresa d’Austria e successore nella politica delle riforme avviate dalla madre, tra cui la libertà di culto ai non cattolici e la confisca dei beni degli ordini religiosi contemplativi ceduti successivamente a Napoleonidi e Borboni di Spagna in esilio, a baroni, negozianti e imprenditori della città.

piazza venezia trieste

Per soddisfare l’esigenze di sviluppo economico e demografico, l’imperatore avviò un’ulteriore espansione della città oltre il Borgo Teresiano (Canal Grande), urbanizzando l’area che si estendeva  dalle Mura dell’antica Porta Cavana fino al Lazzaretto San Carlo e dando origine tra il 1788 e il 1825 al Borgo Giuseppino.

Importanti  palazzi  si affacciano su Piazza Venezia tra cui  l’antica dimora del Barone Pasquale Revoltella, sede del Civico Museo Revoltella nonchè le case progettate intorno al 1826-1834 dall’Architetto Valentino Valle e Domenico Corti a cui si deve il merito per la maggior parte della progettazione del quartiere giuseppino.

piazza venezia trieste

 Al centro della piazza si erge il monumento di Massimiliano, Arciduca d’Austria, realizzato  in bronzo dallo scultore Johann Schilling e inaugurato  il 3 aprile del 1875 alla presenza dell’Imperatore Francesco Giuseppe.  Con 8 metri di altezza, il monumento raffigura  Massimiliano in veste da ammiraglio innalzato su un alto tamburo decorato da altorilievi raffiguranti la bandiera austriaca, la bandiera della marina da guerra e mercantile, Trieste e Miramare.

piazza venezia trieste

Sulla base ottagonale la riproduzione delle personificazioni a tutta figura dei quattro continenti si alterna alle iscrizioni e ai piccoli medaglioni contenenti i simboli della scienza, della poesia, delle arti e dell’industria. Dopo la prima guerra mondiale e la vittoria degli italiani il monumento venne rimosso e collocato prima in un deposito e dal 1961 nel parco di Miramare, lasciato poi per fare ritorno nel sito originario di piazza Venezia dopo novant’anni d’assenza.