CASTELLO DI SAN GIUSTO – TRIESTE

Il Castello di San Giusto è il simbolo della città ed è situato sulla sommità dell’omonimo colle. Le sue origini risalgono dalla metà dell’età del Bronzo quando fu edificato un castelliere che dalla cima del colle dominava e controllava tutto il territorio. Intorno al castelliere, si sviluppò nella prima metà del primo millennio a.C. sotto l’impero romano,Tergeste la “città del mercato”. Nella prima metà del II secolo a.C.  Tergeste viene conquistata dai Romani e il territorio che va dal colle fino al mare diventa una colonia militare.

Nel 1468, Trieste dominata dall’Austria, sotto ordine dell’imperatore Federico III, costruisce una casa fortificata, affiancata da una torre, in cima al colle di San Giusto, per ospitare il capitano imperiale, il cui compito era controllare il borgo cittadino.Oggi “Casa del Capitano”. Nei secoli seguenti intorno alla Casa del Capitano si sviluppò la struttura del Castello.Tra il 1508 e il 1509 Trieste fu dominata dai veneziani il cui progetto era costruire una vera e propria fortezza triangolare con tre bastioni ai vertici. Riuscirono ad edificare solo il primo bastione, detto Rotondo o Veneto, circolare attorno alla torre. Il Bastione Lalio o Hoyos, dalla forma poligonale,venne edificato nel 1553-1557 mentre quello  triangolare il Bastione Fiorito o Pomis fu completato nel 1636.

Attraversato il ponte levatoio si entra nell’ampio vestibolo d’ingresso, voltato a crociera, costruito a metà ’500 assieme al Bastione Lalio.

Durante i restauri degli anni ’30 del ’900 sulle pareti del vestibolo sono state collocate diverse antiche lapidi, in parte connesse alla storia del Castello, in parte provenienti dalla demolizione di antiche case della zona della Città Vecchia di Trieste e altre dall’Istria.

In fondo al vestibolo si trovano due grandi automi batti-ore ottocenteschi, noti in città come Michez e Jachez, provenienti dall’orologio del palazzo municipale di Trieste in piazza dell’Unità d’Italia.

Attraversato il vestibolo si accede a un vasto spazio scoperto,il Cortile delle Milizie così denominato forse per l’utilizzo militare del castello a partire dalla metà del Settecento. Il profondo pozzo-cisterna che dava acqua al Castello è circondato da lapidi del seicento-settecento relative alla Torre del Porto ed al Palazzo di Città, che un tempo si trovavano nella piazza Grande, l’attuale piazza dell’Unità d’Italia.

Il primo ambiente che si incontra al Civico Museo del Castello-Armeria è la quattrocentesca Cappella dedicata a San Giorgio. La zona presbiteriale mostra l’originario aspetto tardo-gotico ed è coperta da una volta a crociera. Al centro della volta vi è lo stemma dell’imperatore Federico III d’Asburgo eppoi in basso sono racchiusi gli scudi di Stiria, Carinzia e Carniola su cui sono incisi la data 1471 e l’acronimo “A.E.I.O.U.”, scelto come motto dall’imperatore. Le teste dell’aquila imperiale austriaca sono state scalpellate alla fine della prima guerra mondiale con il ricongiungimento di Trieste all’Italia. La statua sull’altare è un Crocifisso in legno, ascrivibile a bottega nord-europea del XVII secolo e la statua in legno di un Santo (San Giovanni Evangelista o San Paolo), è databile al primo quarto del XV secolo.

Quando il Castello fu trasformato in Museo, nel 1935, fu realizzato nell’intera altezza del castello un grande scalone a doppia rampa elicoidale in pietra con pareti ornate da armi in asta dei secoli XVI e XVII.

Il Comune di Trieste nel 1933 rende In omaggio ad un personaggio illustre nella storia e nell’editoria triestina Giuseppe Caprin (1843-1904), acquistando dagli eredi gli arredi della casa che era stata nell’ Ottocento uno dei più importanti salotti culturali italiani. Al Castello la Sala Veneta della Casa di Caprin è diventata la Sala Caprin la sala in cui il patriota triestino teneva la sua collezione di oggetti veneziani dei secoli XVI-XVIII.

Il soffitto a cassettoni inquadra la grande tela con il Trionfo di Venezia di Andrea Celesti (1639-1700).Le due sculture in legno raffigurano i Dogi (sec. XVIII) eppoi una scultura lignea del sec. XVII che raffigura San Giorgio che uccide il drago. La stanza quattrocentesca ha mantenuto la sua struttura originale, con la volta gotica, decorazione a stelle dorate su fondo blu e l’originario pavimento in cotto. La decorazione rinascimentale che incornicia il caminetto e le eleganti piastrelle maiolicate che ne rivestono le pareti provengono dalla Sala Veneta di casa Caprin.

La collezione di armi presente nell’Armeria si è formata attorno ad un nucleo di antiche armi da guerra ed alabarde cittadine. Le armi sono esposte nei tre camminamenti di ronda,al coperto, e sono caratterizzate da una notevole varietà cronologica e tipologica:alabarde, partigiane, corsesche, falcioni, spade, pugnali, baionette,balestre, spingarde, fucili, pistole. Molte delle armi esposte sono state donate da collezionisti privati e anche acquistate nei mercati di antiquariato.

Sul lato destro del Cortile si trova l’ingresso del Lapidario Tergestino, ubicato nei cosiddetti “sotterranei” del Bastione Lalio.

130 tra iscrizioni e sculture raccontano la storia di Tergeste romana con i monumenti dell’area capitolina, gli edifici sacri, il Teatro e le necropoli.

 

 

FARO DELLA VITTORIA – TRIESTE

Il Faro della Vittoria nasce da un’idea dell’architetto triestino Arduino Berlam che dopo la disfatta di Caporetto e la battaglia del Piave volle progettare un’opera imponente le cui funzioni comprendessero la commemorazione dei marinai caduti nella Prima Guerra Mondiale e la guida per la navigazione notturna nel Golfo di Trieste.

 I lavori iniziarono nel 1923 e l’inaugurazione avvenne il 24 maggio 1927 alla presenza del Re Vittorio Emanuele III.

Il Faro è stato costruito sul sito Poggio di Gretta, a 60 metri sul livello del mare e con un grande basamento che ingloba il bastione

rotondo dell’ex Forte austriaco Kressich, completato nel 1854. Una delle strutture di difesa più importante del golfo e della città,fatto erigere dall’Impero Austro-Ungarico nel 1854, rimase efficiente per quasi trent’anni. 12 cannoni da 48 libbre lunghi, 5 da 48 libbre corti, 10 da 24 libbre, e 20 da 8 libbre, una galleria con feritoie per i moschetti, un fossato, un ponte levatoio, ampi e profondi sotterranei e il collegamento con Barcola, tutto questo costituiva il Forte Kressich.La struttura 68,85 metri di altezza è rivestita in pietra d’Orsera nella parte superiore e di pietra carsica di Gabria in quella inferiore.

In cima alla colonna, la coffa,decorata a squame, sostenuta da un capitello e costruita a Napoli, contiene la gabbia,di bronzo e cristalli, della lanterna.

In cima alla cupola c’è la statua della Vittoria,alta 7,20 metri, dello scultore triestino Giovanni Mayer, costruita in rame e con un peso di 7 quintali, forgiata nella officina di Via Donato Bramante di Giacomo Srebot, dono degli armatori triestini.La particolarità della statua era che pur essendo di metallo riusciva ad essere elastica sotto le raffiche della bora e cioè a muovere le ali. Infatti il suo costruttore aveva inserito all’interno della statua un’asta d’acciaio dal diamentro di 20 centimetri munita di un forte manicotto all’altezza del torace e armata da braccia metalliche rotanti a spirale e su queste ultime fissò la statua che quindi venne dotata di un’anima di sostegno con un lungo e robusto piede fissato nella muratura.In questo modo la pressione esterna dovuta al forte vento veniva compensata dal movimento dei tiranti interni.Srebot aveva stabilito che ogni cinquant’anni bisognava intervenire all’interno della statua per regolare le ali e permettere un movimento equilibrato dell’intero sistema.Trieste racconta che un pò di anni fa si presentò ai guardiani del Faro un vecchietto che diceva di essere un collaboratore di Srebot e che era venuto per regolare il sistema interno della statua.I guardiani pensarono che era matto e lo allontanarono….Chissà…
 Alla base del faro, sopra il piedistallo, è collocata la statua del Marinaio ignoto (alta 8,60 metri) opera di Giovanni Mayer, realizzata dal maestro scalpellino Regolo Salandini con l’impiego di 100 tonnellate di pietra di Orsera e, sotto la statua,
è affissa l’ancora del cacciatorpediniere Audace, la prima nave da guerra italiana che, il 3 novembre 1918, raggiunse il porto di Trieste, ormeggiando al Molo San Carlo, da allora chiamato Molo Audace. L’ancora è stata donata il 3 febbraio 1924 dall’Ammiraglio Thaon de Revel ed la targa  riporta scritto “Fatta prima d’ogni altra sacra dalle acque della gemma redenta il 3 novembre 1918”.  Accanto all’ancora c’erano due proiettili dei cannoni della corazzata austriaca Viribus Unitis che ora sono posti a fianco dell’entrata. In totale il Faro della Vittoria ebbe un costo di 5.265.000 Lire.
Il monumento è dedicato ai marinai caduti nella Prima Guerra Mondiale, come testimonia la frase del poeta Gabriele D’Annunzio sul basamento “SPLENDI E RICORDA I CADUTI SUL MARE MCMXV – MCMXVIII”.

MERIDIANA -PIAZZA DELLA BORSA – TRIESTE

 Nel 1820, sul pavimento davanti il pianterreno del Palazzo della Borsa venne realizzata una meridiana lunga 12 metri che serviva a sincronizzare gli orologi marini delle grandi navi oceaniche che arrivavano a Trieste.

Attraverso un foro praticato in una feritoia sulla facciata principale del Palazzo della Borsa i raggi solari penetrano fino a raggiungere la Meridiana e così si forma al mezzodì l’immagine ellittica del Sole.  Il punto preciso dove l’Asse del Mondo incontra il piano della Meridiana viene rievocato da un cerchio in pietra bianca di Aurisina che riporta il nome del costruttore della Meridiana, l’orologiaio friulano Antonio Sebastianutti e la data dell’equinozio d’autunno del 1820, il 23 settembre.

PIAZZA DELLA BORSA -TRIESTE

il secondo salotto buono cittadino

Il centro economico della città per tutto il XIX secolo. La sua attuale forma architettonica risale alla metà del 1749, quando l’imperatrice Maria Teresa d’Austria, diede impulso allo sviluppo urbanistico del territorio interrando le saline ad ovest delle antiche mura tergestine e favorendo la costruzione di piazze ed edifici. La forma irregolare della piazza testimonia che questo spazio rappresenta più di altri il punto di contatto tra la città medievale e il Borgo Teresiano (Canal Grande).

Il Palazzo della Borsa. Progettato dall’architetto Antonio Mollari venne inaugurato nel 1806 per ospitare le attività dei commercianti di Borsa. Nel 1844 la Borsa fu trasferita nel palazzo del Tergesteo e, successivamente nel palazzo attiguo (ex palazzo Dreher) chiamato Borsa nuova.

 Attualmente è la sede della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trieste. La facciata principale si presenta come un tempio greco in stile dorico con quattro grandi colonne, un timpano alla sommità e, al pianterreno, uno spazioso portico su cui si affacciano quattro edicole dove sono alloggiate le statue: “Europa” e “Africa” scolpite da Bartolomeo Ferrari, “Asia” da Domenico Banti e “America” da Antonio Bosa, lo scultore allievo del Canova. Nelle nicchie del primo piano due statue rappresentanti Vulcano e Mercurio, rispettivamente opera del Banti e del Ferrari, decorano la facciata.

In alto, sulla balaustra, le quattro statue opera del Bosa raffigurano da sinistra a destra il “Danubio” (via d’acqua già all’epoca considerata fondamentale per lo sviluppo dei traffici), il “Genio di Trieste” (poggiato sopra uno scudo con scolpito lo stemma della città), “Minerva” (elmo in capo, testa di Medusa sul petto, gufo al piede, regge con una mano uno scudo recante un medaglione di Francesco II e con l’altra addita al Genio di Trieste l’immagine del sovrano) e “Nettuno”, simbolo de traffici marittimi. Danubio e Nettuno, rispettivamente ai due lati estremi della balaustra, si tendono la mano l’un l’altro con lo sguardo rivolto alle due statue centrali. Sul timpano due figure alate raffiguranti la Fama e la Fortuna affiancano l’orologio centrale. Prestigiose sale interne, arredate in stile neoclassico, ospitano cerimonie ufficiali e convegni economici. Al centro del soffitto a cupola della Sala Maggiore un grande affresco, opera di Giuseppe Bernardino Bison, evoca la proclamazione del Porto Franco di Trieste da parte dell’imperatore Carlo VI nel 1719.

All’interno della piazza sono collocate: la Fontana del Nettuno realizzata nel 1750 dallo scultore bergamasco Giovanni Mazzoleni e  ancora nel 1887 utilizzata dalle donne del borgo per lavare i panni, e

la colonna dell’imperatore Leopoldo I d’Austria eretta nel 1660 in occasione della visita alla città dell’imperatore Leopoldo I d’Austria, istitutore del Ghetto ebraico nel 1696 e padre di Carlo VI, promulgatore del Porto Franco. La Colonna reca la scritta: “Leopoldo I Avgvsto tergestinos invisenti statvtaqve patria approbanti devota vrbis gratitvdo erexit” (A Leopoldo I Augusto, in occasione della sua visita a Trieste e dell’approvazione dei patri statuti, la devota gratitudine della città eresse).

Palazzo della Borsa Nuova. Palazzo Dreher. Fu progettato negli anni 1909-1910 dall’architetto viennese Emil Bressler su commissione di Theodor Dreher, figlio del birraio boemo Anton. Il palazzo dotato di 19 sale da pranzo, con giardino invernale e ascensore riusciva ad accogliere 2000 persone. Il Grand Restaurant Dreher era considerato uno dei ristoranti più lussuosi d’ Europa e riportato su tutte le guide dell’inizio ‘900. Per l’elevata costo della gestione, Dreher cedette l’edificio alla Camera di commercio, che nel 1926 decise di trasformarlo nella nuova sede borsistica, affidandone il progetto all’architetto triestino Gustavo Pulitzer Finali. La riconversione venne ultimata nel 1928 e fino agli anni ’90 funzionarono le attività della Borsa.

Casa Rusconi. Palazzo settecentesco in stile neorinascimentale veneziano che fa angolo tra Via Cassa di Risparmio e Piazza della Borsa, noto anche con il nome di Casa Rusconi, una famiglia di farmacisti stanziatasi a Trieste che lo aveva commissionato nel 1860 a Giovanni Scalmanini. Nel 1810 nella Libreria Geistinger, ospitata nell’edificio, Domenico Rossetti fondò la Società di Minerva una delle più antiche associazioni culturali in Italia. In ricordo dell’evento è stata collocata, in una nicchia sulla parte centrale del palazzo, la statua dell’artista in veste togata. Il busto visibile sopra l’ingresso, secondo alcune fonti rappresenterebbe Alessandro Volta, secondo altre sarebbe invece Ambrogio Rusconi, tra i fondatori nel 1755 della Borsa di Trieste, ritratto appunto mentre la guarda.

Palazzo Steinfeld (accanto a Casa Rusconi). Costruito nel 1903 su una preesistente casa del settecento dove, al pianterreno, c’era il “Panorama Internazionale”, un locale dove si poteva fruire, a pagamento, di dispositivi ottici per le proiezioni di immagini in movimento. Nel 1905, nel nuovo palazzo, venne aperta la sala denominata “Cineografo Americano”, il primo cinema a Trieste di proprietà del tedesco Karl Böcher.

Casa Bartoli (Casa verde). La casa in stile liberty più famosa della città di Trieste. Realizzata dall’architetto Max Fabiani tra il 1905-1906 è nota anche come Casa verde per il colore delle decorazioni floreali a cascata presenti sulla facciata principale e imposte al progettista per abbellire il palazzo ritenuto eccessivamente all’avanguardia. Inizialmente il palazzo ospitava il deposito di manifatture Antonio Bartoli & Figlio da cui prese il nome. L’architettura del palazzo soddisfaceva sia all’esigenze di spazio e visibilità delle attività commerciali insediate al pianterreno e ai primi piani, sia a quelle abitative dei residenti posti ai piani superiori. Al terzo piano una grande veranda ospitava il giardino d’inverno del “Restaurant Golberger”, un caffè-ristorante frequentato da ebrei di stretta osservanza che rimanevano nella zona commerciale anche nella pausa pranzo. Il caffè venne chiuso negli anni trenta.

Casa della Portizza (chiamata così per l’androna che collega piazza della Borsa con via Beccherie, ex-ghetto ebraico). La Casa in stile impero, potrebbe risalire alla fine del XVIII secolo o ai primi anni dell’Ottocento. Il sottopasso della Portizza in piazza della Borsa corrisponde ad una delle porte nelle mura della città, che si apriva su Canal “Piccolo” o “del Vino”, il più piccolo dei due canali navigabili che servivano d’acqua le saline e dove si inoltravano le imbarcazioni da carico. Il Canal Piccolo è stato completamente interrato.Sulla Portizza si nota un elemento architettonico quasi onnipresente in città: un volto di pietra posto in chiave d’arco della porta, con le fattezze spesso simili al committente del palazzo e con la funzione, forse, di scoraggiare i malintenzionati. I “panduri”, dal nome di temibili guerrieri ungheresi che per secoli difesero il territorio dai turchi. Panduri erano chiamati anche i soldati croati di frontiera, arruolati nell’esercito asburgico a partire dal 1740.

Trieste Arco di Riccardo

ARCO DI RICCARDO -TRIESTE

La costruzione dell’Arco di Riccardo risale forse verso la metà del I sec.a.C. e si presenta con un’altezza di 7,20 metri, larghezza di 5,30 metri, profondità di 2 metri e un motivo vegetale nel sottarco.

L’Arco si trova su un’antica strada romana e s’ipotizza che fosse una porta della cinta muraria di Tergeste, la Trieste romana fondata da Ottaviano Augusto, oppure l’ingresso di un’area sacra dedicata alla Magna Mater. Anche durante il medioevo l’Arco di Riccardo conserva la funzione di porta all’interno di un sistema murario di difesa più ampio.

Sull’origine del nome ci sono diverse leggende. Secondo alcune la scelta fu fatta in onore del re Riccardo Cuor di Leone tenuto prigioniero a Trieste di ritorno dalla Terra Santa. Secondo altre  deriva dalla deformazione del nome Re Carlo Magno all’epoca della dominazione franca  a Trieste tra il 787 e il 788 oppure dalla deformazione dialettale della parola latina “cardo maximus”, il nome di una delle due vie principali delle città romane (l’altra è il “decumano maximus “).

Trieste Anfiteatro romano

ANFITEATRO ROMANO -TRIESTE

Ai piedi del colle di San Giusto, in riva al mare, i Romani tra il  I-II secolo d.C. costruirono un grande Teatro capace di contenere tra i 3500 e 6000 spettatori che, sulle gratinate costruite sfruttando la naturale pendenza del colle, assistevano a spettacoli d’intrattenimento all’aperto:  tragedie, commedie e da alcuni ritrovamenti di elmi, sembra anche a combattimenti tra gladiatori.

Il Teatro risale al I-II secolo d.C.L’atto di fondazione del teatro risulta documentato da due lapidi, dove si faceva parola del dono e della dedizione da parte del cavaliere tergestino Quinto Petronio Modesto, procuratore dell’imperatore Traiano e personaggio legato al teatro del tempo.

Con il passare dei secoli il Teatro fu devastato, assieme alla basilica capitolina e ad altri edifici pubblici, dalle orde longobarde e venne spogliato un po’ alla volta delle sue architetture e sepolto da edificazioni abitative.

Nel 1814 l’architetto Pietro Nobile, guidato anche dal nome del luogo “Rena vecia” (Arena vecchia),  aveva steso una relazione sul teatro nascosto che si è poi dimostrata esatta durante gli scavi del 1937-38, anni della demolizione  di una parte della città vecchia, in cui l’anfiteatro fu portato alla luce.

Durante lo scavo della fossa del proscenio vennero alla luce alcune statue: una di figura femminile alta cm 111,  mancante della testa e di altre parti del corpo, identificata come una statua di Igea per la presenza d’una serpe scendente dalla spalla sinistra ;

 una statua barbuta di Asclepio (cm 118), avvolta nel manto e scoperta della parte superiore del busto; la statua della dea Atena, alta cm 125, acefala come quella di Apollo, alto cm 102 e di Sileno (lungo cm 98), coricato su una pelle di pantera e adagiato su una base di roccia stilizzata e frammentari pezzi della statua d’Afrodite tra cui la testa e il mantello. Vennero alla luce tanti altri reperti di interesse archeologico che oggi sono visibili al Civico Museo di Storia e dell’Arte e al Lapidario tergestino.

TEATRO GIUSEPPE VERDI TRIESTE

Il Teatro Verdi nasce con il nome di Teatro Nuovo poi nel 1821 fu chiamato Teatro Grande, nel 1861, dopo la sua acquisizione da parte della Municipalità, divenne Teatro Comunale e, il 27 gennaio 1901, venne consacrato al nome di Verdi poche ore dopo la morte del grande compositore, con delibera della Deputazione Comunale. Sostituisce il Teatro “San Pietro” che per tutto il Settecento era stato il cuore della vita teatrale della città. Su un’area  prospiciente il mare,il fondo retrostante la Dogana Vecchia,tra il borgo Teresiano, centro commerciale ed economico e Piazza Unità, centro politico della città,  Giovanni Matteo Tommasini, rappresentante del Granducato di Toscana a Trieste, commissionò, tra il 1798 e il 1801, agli architetti Giannantonio Selva (lo stesso della “Fenice” di Venezia) e Matteo Pertsch, la costruzione del teatro. La struttura è simile a quella del “Teatro della Scala” edificato dall’architetto Giuseppe Piermarini, incluso anche il porticato proteso in avanti a richiamare il pubblico a teatro. Sulla facciata il porticato centrale, si presenta con arcate a tutto sesto ed è sovrastato da una fascia composta da semicolonne di ordine ionico e finestre.Le statue inserite in nicchie nella facciata principale raffigurano Plutone dio degli inferi con il cane Cerbero a sinistra e Marte dio della guerra a destra. Il gruppo scultoreo posto sulla sommità dell’edificio rappresenta Apollo affiancato dall’Arte Lirica(Talia, musa della commedia) e dall’Arte Tragica( Melpomene, musa della tragedia). Tra il 1882-84 Eugenio Geiringer realizzò la facciata posteriore e la capienza della sala venne portata dagli originari 1400 a 2000 posti.Nel 1889 l’illuminazione a gas fu sostituita da quella elettrica.

L’inaugurazione del Teatro,allora proprietà del conte Cassis Faraone, ricco commerciante del Cairo, avvenne il 21 aprile 1801 con la rappresentazione di Ginevra di Scozia di Simone Mayr e di Annibale in Capua di Antonio Salieri.Melodrammi, balli, drammi e commedie che ottenevano successo sulle scene italiane ed europee trovavano pronta accoglienza nel Teatro triestino affollato da un pubblico di appassionati e di intenditori. Nell’autunno del 1813 la flotta di sua Maestà britannica, in guerra contro Napoleone Bonaparte, durante l’assedio alle truppe francesi asserragliate nel castello di San Giusto, già sotto assedio da quelle austriache giunte via terra dal Carso, scambiò con il castello un nutrito fuoco di artiglieria durante il quale rimasero colpite, altre la chiesa di San Giusto e varie case, anche il teatro dove rimasero incastrate nel suo muro 5 palle di cannone francese da 32 libbre.

Rossini fu dato per la prima volta a Trieste con L’Italiana in Algeri (1816), Donizetti con L’Ajo nell’imbarazzo (1826) e Bellini con Il Pirata (1831). La prima opera di Verdi fu il Nabucco (11 gennaio 1843), cui seguirono tutte le altre, quasi sempre a poca distanza dalla prima assoluta; due opere, anzi furono appositamente composte da Verdi per il Teatro Nuovo: Il Corsaro (25 ottobre 1848) e Stiffelio. Grandi direttori d’orchestra hanno calcato il palco del teatro alcuni gloriosi, quali Mahler, Strauss e Toscanini.

Alla prima metà del XIX secolo risalgono gran parte delle decorazioni pittoriche interne attribuite a Giuseppe Bernardino Bison, Alessandro Sanquirico, Placido Fabris, Giuseppe Gatteri e Tranquillo Orsi. Le decorazioni interne tuttora visibili vennero invece eseguite da decoratori austriaci negli anni Ottanta dell’Ottocento.

Divenuto Fondazione di diritto privato nel 1999, è attualmente gestito dalla Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste.