JAMES JOYCE – TRIESTE

La statua di James Joyce è stata realizzata dallo scultore triestino Nino Spagnoli e collocata a Ponterosso sul Canal Grande nel 2004 per ricordare il centenario dell’arrivo dello scrittore irlandese a Trieste.james joyce

Sotto la statua una targa

ricorda il profondo legame dello scrittore per la città di Trieste. Il 16 giugno di ogni anno a Trieste dal 2010 è il Bloomsday la data-simbolo in cui in tutto il mondo gli studiosi e gli appassionati lettori di James Joyce celebrano lo scrittore irlandese.Il 16 giugno è il giorno in cui è ambientata l’azione dell’eroe del romanzo Ulisse, Leopold Bloom, attraverso le strade della sua Dublino.

James Joyce arrivò a Trieste il 20 ottobre del 1904 con la sua compagna Nora Barnacle per lavorare come insegnante presso la Berlitz School. Purtroppo il posto non era più disponibile  e fu inviato a Pola dove c’era una nuova sede della scuola. Ritornò a Trieste nel 1905 alla nascita del suo primogenito Giorgio e nel frattempo fu raggiunto da suo fratello Stanislaus che cominciò a lavorare alla Berlitz School. Nel 1907, dopo una parentesi romana dove lavorò come impiegato presso la Nast, Kolb & Schumacher Bank, rientrò a Trieste. Qui tenne conferenze per conto dell’Università Popolare e pubblicò Chamber Music. Cominciò a insegnare ad allievi privati appartenenti all’alta borghesia triestina fra cui c’era Italo Svevo. Tra i due cominciò un profondo rapporto di amicizia e di stima reciproca.

Italo Svevo aveva già pubblicato i suoi due primi libri  “Una Vita” e “Senilità”, ma nessuno se n’era occupato. Joyce li lesse ed esortò Svevo a continuare a scrivere. Nel frattempo la vita di Joyce si divideva tra lezioni private, la cattedra alla Scuola Superiore di Commercio Revoltella., le conferenze all’Università Popolare e arrivarono anche le sue prime pubblicazioni Portrait of the Artist as a Young Man e Dubliners. Cominciò a progettare le prime parti dell’Ulysses.

Allo scoppio della prima Guerra Mondiale dovette lasciare Trieste alla volta di Zurigo per farvi ritorno nell’ottobre del 1919, rimanendovi fino al giugno del 1920. Durante questo periodo Joyce  scrisse Nausicaa e Oxen of the Sun, due episodi dell’Ulysses, e iniziò l’episodio intitolato Circe. Si trasferì a Parigi e non ritornò più a Trieste. Ulysses fu pubblicato nel 1922.

CIVICO MUSEO SVEVIANO

Italo Svevo pseudonimo dello scrittore Aron Hector Schmitz è ritenuto uno dei principali esponenti della cultura mitteleuropea.

Nasce a Trieste il 19 dicembre 1861 in una famiglia della borghesia ebraica. Nei suoi tre romanzi Una vita (1893), Senilità (1898), e La coscienza di Zeno (1923), sono espressi i tratti salienti della sua opera, derivati in modo stringente dalle esperienze personali come la scoperta della psicoanalisi freudiana e dal periodo culturale in cui egli visse.

Nel 1907 l’incontro e l’amicizia con il suo insegnate d’inglese lo scrittore irlandese James Joyce risvegliarono in lui la fiducia nelle sue capacità artistiche.  Quando i critici italiani nel 1923 ignorarono “La coscienza di Zeno”, Joyce, la cui pubblicazione nel 1922 di “Ulisse” lo aveva reso la voce della modernità, chiamò a raccolta i critici parigini perchè applaudissero Zeno. La fama e il riconoscimento del valore delle sue opere arrivarono gli ultimi anni della vita di Svevo, spezzata il 13 settembre del 1928 dalle conseguenze di un incidente stradale.

Il civico museo sveviano è stato inaugurato il 19 dicembre (la data del giorno in cui ricorre il compleanno di Svevo celebrata ogni anno al museo con una manifestazione) del 1997. Il museo nasce dalla decisione di Letizia Svevo Fonda Savio, figlia dello scrittore, di donare il prezioso patrimonio di oggetti e carte alla Biblioteca civica di Trieste, frequentata in gioventù dal padre, e presso la quale già esisteva una “saletta sveviana”. Purtroppo la maggior parte dei beni personali, appartenuti allo scrittore, e anche i manoscritti dei suoi tre romanzi sono stati distrutti durante il bombardamento aereo che colpì, il 20 febbraio 1945, la villa e la fabbrica dei Veneziani, la famiglia della moglie di Italo Svevo.

I pochi oggetti che sono pervenuti al museo, però, hanno avuto una grande importanza nella vita dello scrittore e, in particolare, il mobile-libreria  caratterizzato dal monogramma con le iniziali intrecciate inciso sulle ante; il violino su cui Svevo per molti anni si è esercitato e col quale si è esibito in un quartetto durante alcuni concerti privati e la penna d’oro che Livia, sua moglie, gli regalò in occasione del loro fidanzamento.