CAVANA TRIESTE
Nel 1714 l’imperatore Carlo VI in occasione della fine delle ostilità con i Turchi fece costruire un magazzino di sale in fondo alla piazza da cui l’origine del primo nome Piazza del Sale. Il magazzino del sale venne demolito nel 1821 e ceduto al Comune che voleva destinarlo al mercato del pesce e su progetto di Pietro Nobile fece costruire un edificio che avesse al pianterreno dei porticati sorretti da colonne dove si sarebbe svolto il commercio e i due piani superiori destinati alle abitazioni.
Ma il Comune spostò il mercato del pesce in un’altra zona e nel 1829 vendette anche il porticato del palazzo al commerciante di tabacchi Carlo Fontana che già aveva acquistato i due piani della casa destinati alle abitazioni private. Dopo la demolizione del magazzino la piazza cambiò il nome in Piazza Cavana forse perchè a quell’epoca c’era nelle vicinanze una vecchia cava o dal nome della porta costruita nel 1471, nell’attuale via Cavana, e demolita nel 1778.Si racconta che nel 1313 fu sventato un tentativo di signoria da parte dal patrizio Marco Ranfo. Questa antica famiglia patrizia aveva già nel 1150 un rappresentante tra i Consoli triestini e nel 1202 furono tra i trecentosettantadue cittadini che avevano fatto giuramento di fedeltà al Doge Dandolo. Marco Ranfo si rese protagonista di questa tumultuosa scossa degli eventi locali, era nel 1285 divenuto procuratore, cioè una specie di notaio degli atti pubblici del Comune, e cinque anni dopo, all’epoca dei contrasti con Venezia, figurò quale console.Nel 1304 egli era capo del Vassalli del Vescovo. Nel 1311 era tra i Consoli e il suo nome figura nel 1313 in un atto pubblico accanto a quello del rappresentante e del podestà, il vicario Sagramoro. Quindi era un personaggio assai in vista. Si presume che egli tentasse di impadronirsi del Comune e di imporre la sua signoria.L’anno seguente il suo nome scompare. Nelle pagine degli statuti si può leggere la sua condanna: “Marco Ranfo, condannato a morte, sia ucciso, e si estenda questa pena anche ai suoi figli Giovanni e Pietro. Le figlie Clara, Ranfa ed Agnese siano trattate alla stregua delle donne malfamate e vengano bandite dalla città, dopo essere state trattate di frusta per le contrade da una porta all’altra”.La casa dei Ranfi in Piazza Cavana, al Largo del Crocefisso, fu fatta demolire e lo spiazzo sarebbe dovuto rimanere perpetuamente deserto a secolare ricordo del male commesso da questa gente. La sua scomparsa però rimane un mistero. È possibile che egli sia rimasto ucciso mentre andava agitandosi a preparare la sommossa. Forse invece era riuscito a salvarsi fuggendo per la via del mare.
Via dei Capitelli era detta contrada dei Nobili perchè in questa strada c’era la maggior concentrazione delle loro abitazioni. il Nome della strada era dovuto a 4 capitelli (edicole) raffiguranti la passione di Gesù Cristo, oggi di queste ne sopravvivono due. Una edicola del settecento con il Cristo in croce è situata sulla facciata laterale di una delle case di Piazza Cavana. Si racconta che sotto l’ascella del Cristo compare una pallottola sparata nel 1944 da un sottoufficiale tedesco ubriaco.
Via del Pesce, della Pescheria e del Sale partono da Piazza Cavana verso il mare , mentre Via dei Cavezzeni, dei Capitelli e delle Mura si dirigono verso il colle di San Giusto.Tante stradine storiche si affacciano su Piazza Cavana ognuna con una peculiarità. In via delle Beccherie fino al 1750 si macellava la carne, in via dei Fornelli c’è un’antica trattoria famosa per il buon pesce, anche il Duca Amedeo d’Aosta quando veniva a Trieste andava a mangiare all’Antica Ghiacceretta. Attraversando via della Pescheria si arrivava al mercato del pesce che fino al 1810 era nei pressi dell’attuale via Diaz.Via del Pesce così chiamata perchè si svolgevano le operazioni richieste dalla legge per mettere in vendita il pesce.
Alla fine di Piazza Cavana c’è il rione di Cavana che si estende nel periodo settecentesco proprio all’interno del borgo storico. All’ingresso del rione c’è la Casa Pepeu, detta così perchè in uno degli appartamenti ci abitava lo studioso Francesco Pepeu,caratterizzata dalle grandi anfore di pietra che sporgono dal tetto.
Palazzo Antonio Vicco costruito dall’omonimo commerciante portoghese alla fine del 1700 sopra la demolizione dell’Ospedale dell’Annunziata e della chiesetta dedicata alla Beata Vergine dell’Annunziata.Dopo la morte del commerciante il Palazzo diventò la sede della curia vescovile.
GROTTA GIGANTE TRIESTE
SINAGOGA TRIESTE
PALAZZO GOPCEVICH – MUSEO TEATRALE CARLO SCHMIDL TRIESTE
CHIESA LUTERANA TRIESTE
L’edificio venne edificato, tra il 1871 e il 1874, sotto la direzione di Giovanni Berlam e Giovanni Scalmanini, ma il progetto originario è riconducibile all’architetto Karl J.C. Zimmermann di Amburgo. Per la progettazione e per la costruzione ci si ispirò alla chiesa di “Nicolai kirche” di Amburgo, realizzata nel 1844 dall’inglese G.G.Scott L’inaugurazione solenne avvenne il 1° novembre del 1874. La chiesa, in stile neogotico, è stata realizzata in pietra d’Istria, con il tetto in lastre di ardesia, ha un campanile alto 50 metri e vetrate istoriate a colori.
CHIESA DI SAN NICOLO’ TRIESTE
La magnifica iconostasi divide il presbiterio riservato ai celebranti dalla navata a cui accedono i fedeli.La navata con pavimento di marmo a riquadri bianchi e neri è ingentilita da scanni lungo le pareti. Al centro, tra grandi candelabri, sono affiancate l’icona di San Nicolò e, sull’apposito proskinitirion, l’icona che ricorda la festività in atto.La grande tela raffigurante Cristo in gloria circondato da angeli ricopre tutto il soffitto piano ed è ricca di effetti prospettici con balaustre e scorci di architettura classicheggiante.Tale dipinto (olio su tela) può essere attribuito ad un anonimo pittore greco educato principalmente all’Accademia ionica di Panaghiotis Doxaras (1662-1729) non privo d’influssi della scuola veneta. Tra le finestre immagini degli Evangelisti e degli Apostoli.Sulle pareti laterali due grandi quadri del piranese Cesare dell’Acqua (1821) raffiguranti a sinistra la Predicazione di Giovanni Battista e a destra Cristo tra i fanciulli; il quadro sopra la porta di destra raffigura la Filoxenia, ovvero L’ospitalità di Abramo verso gli angeli, ed è attribuibile alla stessa mano della tela del soffitto. L’iconostasi nei luoghi di culto ortodossi separa il presbiterio dai fedeli: diffonde un senso di ricchezza con il luccichio dell’argento che incornicia e copre le icone che la compongono.Fulcro del luogo sacro, è opera di ignoto intagliatore e risente di stile impero nella struttura generale e di stile barocco nella decorazione.
Simile a quella che era stata eseguita dal Treppan (1794) per il vecchio San Spiridione, essa si eleva su tre registri e si apre sul presbiterio con tre porte dette “regali”: al centro dei battenti di legno, intagliato e dorato, sono inseriti degli ovali dipinti a tempera.Sul coronamento, realizzato a girali e volute, trova luogo il Crocifisso tra la Madonna e San Giovanni, decorato con simboli deli evangelisti realizzato dalla stessa mano che ha decorato le porte “regali”.Le tre tele del registro superiore raffigurano Gesù nel Getsemani, la Deposizione e il Noli me tangere.Nel registro di mezzo l’iconostasi reca ventuno icone a tempera su tavola con fondo oro che raffigurano la Vita di Gesù, dall’Annunciazione all’Ascensione, realizzate dal pittore greco Giovanni Trigonis; nel corso dell’anno queste vengono esposte sul proskinitirion alla venerazione dei fedeli.Il Trigonis, originario delle isole ionie, operò a Trieste dal 1786 al 1833 e vi aprì una scuola di pittura poi affidata al figlio.Notevoli le otto icone dispotiche del registro basso, realizzate dallo stesso Trigonis: sei delle splendide coperture d’argento lavorate a sbalzo sono dovute all’artista greco Costantino Ghertzos operante a Venezia e datate 1839-1856. Queste icone ricordano, nell’ordine da sinistra, San Giorgio, San Spiridione, San Nicolò, la Madonna col Bambino, Cristo in Trono, la Trinità, San Giovanni Precursore e Santa Caterina.Le coperture delle due icone ai lati estremi, quelle di San Giorgio e di Santa Caterina, sono dovute la prima ad oreficeria russa del 1848, e la seconda ad un artista triestino.
Al momento della consacrazione della chiesa (1787), la comunità greca di Gerusalemme fece dono di otto piccole icone che riproducono in misura ridotta, le immagini delle grandi icone qui descritte, le coperture d’argento delle quali lasciano intravedere solo pochi particolari. Tali icone, che fanno mostra di se su eleganti mensole sottostanti, sono attribuibili ad una mano che ha assimilato motivi tardobarocchi pur operando in area palestinese.Gli altari del presbiterio, visibili dalle porte regie dell’Iconostasi, sono inseriti in piccole absidi.In quella centrale appaiono affreschi con i Santi Giovanni, Giacomo, Basilio e Atanasio che fanno da contorno alla SS. Trinità ed alla Madonna; nelle absidi laterali a sinistra la Natività e a destra la Deposizione dalla Croce.Il pulpito ligneo, riccamente decorato da stucchi dorati, riporta quattro pannelli a tempera raffiguranti i quattro evangelisti mentre sulla porticina di accesso è raffigurante il Christos Basileus, tutti opera del Trigonis. Il pulpito è coronato da un fregio austriaco i segno di gratitudine per la concessione, ricevuta dai regnati della casa d’Austria, alla costruzione della nuova chiesa.Le balconate, poste sopra la porta d’ingresso e parzialmente sui lati, sono sostenute da mensole e colonne; quella inferiore, costituiva a suo tempo il gineceo, è decorata da dieci pannelli in olio su tela, attribuibili dalla stessa mano che ha realizzato il registro superiore dell’iconostasi.
Raffigurano scene bibliche quali, nell’ordine, Il Sacrificio di Isacco, L’Entrata di Gesù in Gerusalemme, La Creazione di Eva, La Cacciata dei mercanti dal Tempio e Il Sogno di Giacobbe.La balconata superiore, che costituisce il palco per i cantori, è decorata con tele che raffigurano La morte di Abele, Giona che fugge dalla balena e La Famiglia di Noè dopo il diluvio.Durante le festività della Settimana Santa e della Pasqua hanno luogo celebrazioni particolarmente sentite: la rappresentazione del Santo Sepolcro avviene tramite l’Epitafios, scultura lignea della fine ‘700 attribuibile ad una bottega artigiana locale.Sospeso su 10 colonnine, il baldacchino è sormontato da tre cupole: nella sua parte alta quattordici tavole policrome descrivono la passione e morte di Cristo, dalla preghiera nell’orto alla deposizione dalla croce.
PALAZZO AEDES. IL “PALAZZO ROSSO” TRIESTE